di Gianluca D’Andrea
12 e 13 settembre di passaggio a Mantova
Per Fabio e Claudia
Strano come gli incontri con le parole possano espandere il contatto, spingendosi nella carne partendo dal racconto.
L’insegnamento di chi con il linguaggio ha costruito un rapporto che origina dall’umiltà, dalla necessità di conservare del nome l’indicazione in direzione d’altro: un luogo, un’esperienza, un momento che nel passaggio più che perdere la realtà, provano a conservarla, a darne memoria presentandosi apertamente all’altro, lettore o ascoltatore che sia.
Del Festivaletteratura di Mantova, tenutosi in questi giorni di settembre, sono i gesti che accompagnano le parole a restare.
Lo scambio di consigli tra genitori di generazioni diverse durante una cena gentile: mia figlia che cambia nome, da Sofia a Giuseppina, perché la confidenza e la serenità del contatto muta il “vero” in una nuova verità, di passaggio quanto basta a costruire la favola del momento, la parola del gioco. Io è niente proprio nella ricchezza che la trasformazione consente in questi passaggi rivelatori, di travaso tra gli individui, ed è per questo che ancora parliamo di miti e nuove forme di rappresentazione del mondo.
Dai momenti condivisi, poi, ognuno torna a sé riformulando ipotesi d’immagini, deformazioni dell’esperienza appena acquisita. Dopo la scossa del mutamento tentiamo di “centrare” le parole e organizzarle in un nuovo racconto fino al prossimo incontro, per descrivere timore e cura, la curiosità sofferente del mondo.
(Settembre 2015)