Una poesia da Nella spirale letta per la puntata dedicata a Bartolo Cattafi – Poesia e Musica Italiana a cura di Elena Capra

Per chi volesse ascoltare la bella puntata di Poesia e Musica Italiana a cura di Elena Capra dedicata a Bartolo Cattafi con interventi di Diego Conticello, Daniela Pericone, Enrico De Lea, Marco Aragno e il sottoscritto che al minuto 13.20 ca. legge Nuovo Mondo, poesia tratta da Nella spirale (Stagioni di una catastrofe)Industria e Letteratura (2021), ma soprattutto seguita dalla splendida Anthrocene di Nick Cave che vale assai l’ascolto e il riascolto.

Atlante sonoro della poesia mondiale – Gianluca D’Andrea legge La ‘namoranza – disïosa di Giacomo da Lentini

Per ascoltare il testo qui

Intervista su “Nella spirale” per Radioquestasera

Podcast dell’intervista del 4 dicembre 2021 di Radioquestasera PuntoRadioFM Bernardo Cirillo: Gianluca Garrapa intervista il poeta Gianluca D’Andrea su Nella spirale (Stagioni di una catastrofe) edito nel 2021 da Industria e Letteratura. Al libro l’autore abbina il brano musicale “Sonata prima” (from Sonate concertate in stil moderno per sonar, libro secondo) di Dorothee Oberlinger, Dario Castello.

Buon ascolto!

Intervista su “Transito all’ombra” – Il posto delle parole

Una bella discussione tra me e Livio Partiti su Transito all’ombra per Il posto delle parole

A questo link il podcast. Buon ascolto.

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Mario Perniola (Asti, 20 maggio 1941 – Roma, 9 gennaio 2018)

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Mario Perniola

miracoli«Una vita che vale la pena di essere vissuta è quella che lotta per qualcosa che va al di là della nostra esistenza singola, come l’antichità classica non meno che la modernità occidentale hanno insegnato. Dal Sessantotto a oggi molti hanno dedicato tutto il loro tempo e le loro energie per mantenere l’esistenza di un mondo comune, che comprende – come dice Hannah Arendt – coloro che sono vissuti prima di noi e coloro che vivranno dopo di noi».

Mario  Perniola

Mario Perniola: “Facebook può trasformarsi in un cimitero ecumenico e globale”

 

Su L’EstroVerso: THE ROCK – La poesia che r-esiste: Gabriel Del Sarto, Il grande innocente, Aragno

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Ivan Kljun, Sfere nello spazio, 1923

Oggi su L’EstroVerso il terzo articolo della mia nuova rubrica THE ROCK – La poesia che r-esiste

«Di fatto, ci percepiamo sempre e solamente
come pastosi fantasmi, sculture nella nebbia,
scheletri addobbati alla moda con della carne».

Durs Grünbein

Il primo assillo è temporale, cruccio esistenziale e viatico indispensabile della poesia; il sostegno e la croce di questo importante libro di poesia che è Il grande innocente (Aragno, «i domani», Torino, 2017) di Gabriel Del Sarto.
Per chi ha familiarità con l’opera dell’autore toscano, potrà scorgere un’evoluzione stilistica rispetto a I viali e a Sul vuoto (le due raccolte precedenti) – e infatti Il grande innocente va a chiudere una “trilogia del tempo” come ci dice lo stesso Del Sarto in nota –, una trasformazione dell’impianto concettuale che traduce la voglia di stabilire un contatto più duraturo col mondo. La necessità “ripristinante” presente sin dagli esordi («noi colle amarene Fabbri sul gelato allo yogurt / mentre ripristiniamo scene bibliche», A 3 km., Gabriel, in I viali, Ed. Atelier, 2003, p. 10) cerca approdi e trova nel ricordo una momentanea sistemazione. Ricordo che, nel caso di quest’ultima raccolta, non si limita a condividere quelle esperienze personali che tanto hanno contraddistinto la poesia di Del Sarto (la dimensione “patetica” del linguaggio sembra adesso incrociarsi con un distacco che allontana il soggetto, quasi ridotto a presenza fantasmatica), ma affonda nell’impersonale delle ere, delle stratificazioni e delle pieghe ctonie, minerali: «Esiste quasi / da sempre anche l’Anticlinale, / è una piega / delle rocce, una struttura / dove gli strati sono convessi…» (Il tempo e la vita, p. 7).

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Su L’EstroVerso: THE ROCK – La poesia che r-esiste: Davide Castiglione, Non di fortuna, Italic

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Cargiolli Claudio (Casa a Zenobia, 2017, olio su tela su tavola, cm.50×80)

Oggi su L’EstroVerso il secondo articolo della mia nuova rubrica THE ROCK – La poesia che r-esiste

L’entropia del linguaggio impatta sin dagli esordi in questa nuova raccolta di Davide Castiglione. Non di fortuna, ma quasi, se il frazionamento avvertibile nel primo lavoro – Per ogni frazione, Campanotto, Udine, 2010 – del poeta piemontese (nomade, e per ora di stanza a Vilnius) sembra adesso ricercare una fuoriuscita nei casi di un’esistenza arricchita d’incontri: «Devo a un lunapark congelato / qualche gettone d’antecrisi / quando era la vacanza non io a condurmi» (Devo a un lunapark congelato…, p. 5).
Entropia, dicevamo, che la parola prova ad arginare riconsiderando tempi (vedi la ricorrenza del termine, soprattutto nella prima sezione introduttiva), costruendo spazi “privati” (titolo della seconda sezione) e valutando i corpi – «è un corpo / per terra; tòrto; terminale. / Capiterà di pestarlo; passare / l’aspirapolvere la spugna e via» (Ape, p. 20) – transitanti come se i luoghi, una volta attraversati, perdessero ogni fondamento: «Tempo in là (aeroporto / lenti appannate non un saluto / da portarle e dirsi addio / non serve a nessuno» (Quanto e quanto poco, p. 23).

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Su L’EstroVerso: THE ROCK – La poesia che r-esiste: Maddalena Bergamin, “L’ultima volta in Italia”, Interlinea

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Samantha Torrisi (Senza titolo, 2013, Olio su tela cm 18×13)

Oggi su L’EstroVerso il primo articolo della mia nuova rubrica THE ROCK – La poesia che r-esiste

«E io non sono ancora nata» (I dolori piccoli (quelli delle caviglie e dei polsi), III, p. 47), è questa plausibilità di spinta a muovere la scrittura nella nuova raccolta di Maddalena Bergamin.
L’ultima volta in Italia, seconda uscita della collana Lyra giovani, a cura di Franco Buffoni per la casa editrice Interlinea (Novara, 2017), già dal titolo manifesta un passaggio, una transizione esistenziale – l’autrice, d’altronde, nel 2012 si è trasferita a Parigi – che si riflette in un disagio della parola, nel tentativo di ri-definire il proprio mondo. Fosse solo questo, la raccolta sarebbe un capitolo di un “personalissimo” romanzo di formazione, invece la transizione di cui sopra, apre a uno spostamento più ampio, generazionale, nell’intercapedine della relazione tra io e mondo.

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