Scartafaccio XII – RAGIONANDO SULL’ATTESA: ECONOMIA – LETTERATURA – MESSAGGIO (riflettendo sull’esigenza critica e più ancora sulla scelta)

RAGIONANDO SULL’ATTESA: ECONOMIA – LETTERATURA – MESSAGGIO

Leggo Capitalesimo di Paolo Gila e mi oscuro non senza una certa soddisfazione. Vedo una prospettiva futura: dal chiostro di Chiusure il mio medioevo esistenziale si apre a qualcosa che non percepisco esattamente presente. Vivo questa archeologia in virtù di una proiezione, la conservazione della parola da parte di pochi laici, diseredati, servi della gleba “retificata”, virtuale. La resilienza di un corpo che si allena per accudire un impatto. Non sento l’esigenza di scardinare la lingua, non adesso, piuttosto mi sembra necessario conservarla, curarla fino a farla affinare, al punto tale che possa colpire, fare male, nello scontro acutizzato con sempre più celate, mal celate forse, ma protette dalle mura e dai fossati del turbocapitalismo e dell’informatizzazione di massa, cellule di potere. Anche la politica agonizza sotto la pressione dell’economia planetaria che, nelle sue espressioni oligarchiche, nate da accordi e conflitti tra rappresentanti di old e new economy, presenta i “migliori” come i più emancipati da ogni legame umano ed efficienti in funzione dell’accumulo di capitale e re-immissione dello stesso nel circolo degli investimenti, e nel gioco delle convenienze. Gli stessi accumulatori di capitali spropositati possono manipolare intere nazioni, possono deciderne la frammentazione. La fine dello Stato nazionale è, quindi, un processo già azionato; plausibilmente, tra qualche anno, assisteremo al restringimento dei confini nazionali in confini economici dipendenti da un potere centrale: la costituzione del GECT (Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale) è il primo passo in questa direzione. L’esempio degli accordi economici tra Friuli Venezia Giulia, Veneto e Carinzia rompe il limes inteso come “linea di confine” e apre a un altro significato, quello di “strada” percorribile in direzione di nuovi insediamenti e spostamenti territoriali, conseguenze del desiderio di conquista e miglioramento. Lo Stato Nazione cede il passo a macro-regioni transnazionali (nel caso specifico Euro-regioni), identità nuove e, in prospettiva, nuove culture. Il concetto di glocalizzazione trova un riscontro nella prassi economica e, di conseguenza, amministrativa: piccoli o grandi feudi in un sistema globale d’interconnessione, centrato su nuclei di potere fluidi ma derivanti dallo sfruttamento del recente campo di raccolta, lavorato da servi della gleba semi-incoscienti – i cittadini ridotti a monadi – rappresentato dalla rete. Alla base dell’incalzante piramide, una massa sterminata di desideri sostituibili, inoculati in persone altrettanto interscambiabili, ipotesi di identità, non più uomini.

Finiti gli uomini, parcellizzati, non comunicanti, al massimo indotti alla comunicazione in canali controllabili (vedi le potenzialità negative dei social networks), resta il resistere nella parola che trasmette la possibilità del comprendere, di comprenderci dentro valori minimi in funzione della trasmissione stessa. Il lavoro archeologico sulla lingua non ha nulla di letterario, non possiede nessuno spirito avanguardistico, è un lavoro di retroguardia e resistenza appunto, di rivisitazione senza nostalgia per qualcosa di perduto; è il lavoro consapevole di un ricordo senza ritorno, senza conquista del nuovo a tutti i costi, è l’immaginazione che parte dalla memoria e non l’invenzione di un linguaggio altro. La necessità della consapevolezza ineluttabile, proprio nel turbinio delle evoluzioni in atto, della nostra subalternità e interscambiabilità realizza l’incessante plausibilità del legame. Accettando il mondo, credendo nella disillusione, nella posizione sacra di chi è messo al bando (rispetto ai nuclei di potere centrali) si accetta una parola che non è subordinata a nessun desiderio, non riproduce l’invenzione del potere, non indirizza verso alcun obiettivo di dominio, non ha nulla da scardinare, è fuori dal circolo dialettico. Il dominio linguistico deriverebbe da una volontà anarchica, emancipante, è il desiderio di chi aspira a una supremazia, non sperimentando ma inventando, non cogliendo ma investendo, non seminando ma fabbricando.

La parola, come ogni medium, è un seme e rischia di non attecchire, non costruisce, neanche dopo aver decostruito, è in direzione del contatto, tenta di rigenerare sempre la stessa possibilità di contatto dell’essente.

Critica e storiografia, più che cartografia

Rogelio Naranjodi Marco Giovenale*

 1.
Un falso problema si aggira per redazioni e radar di siti, blog, giornali, e nei pensieri di editor di pagine web, o critici (per fortuna non in tutti): il problema della “mappatura” delle voci poetiche. Il problema del territorio intero. Luogo da possedere, évidemment, come nozione, o corpus ghiotto, da afferrare. Se è il territorio intero, da sondare, va pur detto che percentuale altissima del dicibile e del detto è già in rete. O, meglio, èla rete: mappa pressoché coincidente con i suoi oggetti (almeno nella porzione di mondo occidentale/occidentalizzato adsl-munita, in grado dunque di promuovere se stessa – come fa, come facciamo –  alla dignità di soggetto rammemorante e memorabile). (Il possesso di uno specchio: segno di benessere economico, di facoltà..).

2.
Quel 1998 in cui Giuliano Mesa avviava la straordinaria iniziativa ed esperimento di ascolto/dialogo collettivo Ákusma (incontro e…

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Gianluca D’Andrea – Inediti su La Poesia e Lo Spirito

Gianluca D’Andrea – Inediti.

Trevigliopoesia 2013

Trevigliopoesia 2013 è un villaggio globale

 

Dal 24 maggio al 2 giugno torna il festival di poesia e videopoesia della bassa bergamasca,

che punta a contagiare la città con parole, immagini e performance da mezzo mondo.

 

 

 

Si svolgerà dal 24 maggio al 2 giugno la settima edizione di Trevigliopoesia (www.trevigliopoesia.it), festival di poesia e videopoesia ideato dall’associazione culturale Nuvole in Viaggio e organizzato con il sostegno dell’Assessorato alla Cultura del comune di Treviglio (Bg). La manifestazione definisce quest’anno la sua matrice internazionale, dando ampio spazio a personaggi e videomaker di tutta Europa, mescolando come da tradizione parola poetica, immagini cinematografiche e peformance.

Mai come nel 2013, Trevigliopoesia parla, immagina e contamina. Si aprirà venerdì 24 maggio al Chiostro della Biblioteca (ore 21.00), con un recital su Federico Garcia Lorca. Nel primo week-end del festival (25-26 maggio) si susseguiranno spettacoli e presentazioni di giovani autori, con la presenza esclusiva di Franco Buffoni, poeta e intellettuale che nella serata del 25 racconterà della sua incessante attività culturale dagli anni Settanta ad oggi. Martedì 28 e giovedì 30 maggio sarà protagonista l’immagine, con la proiezione serale dei documentari La vita, a volte, è sopportabile – Ritratto ironico di Wislawa Szymborska e Gegenlichter su Paul Celan: opere praticamente mai viste in Italia, che raccontano due dei poeti più importanti del Novecento. Il fine settimana del 1-2 giugno vedrà ancora protagonisti i performer e i giovani autori, che animeranno i bar e i cortili del centro con spettacoli e presentazioni. Alle 21.00 di domenica sarà Patrizia Cavalli a chiudere la settima edizione del festival, non prima però di aver premiato il vincitore de La parola immaginata. Il concorso di videopoesia, giunto alla sesta edizione e tra i più rinomati in Italia, ha avuto grandi riscontri, con diversi cortometraggi provenienti dall’estero e una qualità  molto elevata.

Trevigliopoesia 2013 proverà a trasformare per qualche giorno Treviglio nella capitale della poesia, linguaggio capace di reinterpretare la realtà rendendola più emozionante, viva, dolce. Il festival colorerà decine di vetrine del centro con i versi dei poeti, offrirà teatro, parole, musica ai cittadini e ai curiosi di passaggio. Un villaggio di provincia che diventa globale, al suono dei versi.

Il programma completo di TreviglioPoesia 2013 è consultabile all’indirizzo www.trevigliopoesia.it/programma.html – Tutti gli eventi sono a ingresso libero e gratuito.

Il programma in sintesi:
24 maggio, ore 21 (Chiostro della Biblioteca) – Federico: vita e mistero di Garcia Lorca

25 e 26 maggio –  Cortili della poesia e Aperitivi poetici (spettacoli e presentazioni)
28 e 30 maggio – Microcinema poetico (documentari su Wislawa Szymborska e Paul Celan)
1 e 2 giugno – Cortili della poesia e Aperitivi poetici (spettacoli e presentazioni)
2 giugno, ore 21 (Chiostro della Biblioteca) – Reading di Patrizia Cavalli e premiazione del VI concorso internazionale di videopoesia La parola immaginata

Per ulteriori dettagli e informazioni:

348-5225367 – Stefano Pini (Ufficio stampa)

associazionenuvole@yahoo.it

www.trevigliopoesia.it

Moore


Marianne_Moore_1948_hires

What Are Years?
By Marianne Moore

What is our innocence,
what is our guilt? All are
naked, none is safe. And whence
is courage: the unanswered question,
the resolute doubt,—
dumbly calling, deafly listening—that
in misfortune, even death,
encourages others
and in its defeat, stirs

the soul to be strong? He
sees deep and is glad, who
accedes to mortality
and in his imprisonment rises
upon himself as
the sea in a chasm, struggling to be
free and unable to be,
in its surrendering
finds its continuing.

So he who strongly feels,
behaves. The very bird,
grown taller as he sings, steels
his form straight up. Though he is captive,
his mighty singing
says, satisfaction is a lowly
thing, how pure a thing is joy.
This is mortality,
this is eternity.

Le Poesie - Marianne Moore

Inedito: Sul viso queste linee perfette

 

Sul viso queste linee perfette

che la luce bagna appena

rendendo

 

linee dall’alto che sfaldano la luce

ricadendo sulla bambina che dorme,

sui lineamenti dritti, dolci, verticali

 

il viso della bambina è diverso

cambia come il giorno

come ogni giorno cambia

per assomigliare a se stessa, diversa,

al diverso che cederà nel nulla

che già l’accompagna, rendendo

possibile la sua presenza attuale,

eterna.

 

Sul viso quelle linee perfette

ogni giorno perfette nella loro incoerenza

col perfetto, che è sempre visione.

 

La mia visione è qualcosa che vuole arrendersi

e non celebrare.

Ancora, ogni tanto, combatto con la mia resa,

la lingua diventa l’eco di un campo,

una lancia sospesa nel lancio,

non cade, continua a saltare

da un obiettivo a un altro,

la mia resa non ha obiettivi,

non sa definirsi, si bagna appena

rendendo

 

Baudelaire

agamben_baudelaireLesbos

Mère des jeux latins et des voluptés grecques,
Lesbos, où les baisers, languissants ou joyeux,
Chauds comme les soleils, frais comme les pastèques,
Font l’ornement des nuits et des jours glorieux,
Mère des jeux latins et des voluptés grecques,

Lesbos, où les baisers sont comme les cascades
Qui se jettent sans peur dans les gouffres sans fonds
Et courent , sanglotant et gloussant par saccades,
Orageux et secrets, fourmillants et profonds ;
Lesbos, où les baisers sont comme les cascades!

Lesbos, où les Phrynés l’une l’autre s’attirent,
Où jamais un soupir ne resta sans écho,
A l’égal de Paphos les étoiles t’admirent,
Et Vénus à bon droit peut jalouser Sapho!
Lesbos, où les Phrynés l’une l’autre s’attirent,

Lesbos, terre des nuits chaudes et langoureuses,
Qui font qu’à leurs miroirs, stérile volupté!
Les filles aux yeux creux, de leur corps amoureuses,
Caressent les fruits mûrs de leur nubilité;
Lesbos, terre des nuits chaudes et langoureuses,

Laisse du vieux Platon se froncer l’oeil austère ;
Tu tires ton pardon de l’excès des baisers,
Reine du doux empire, aimable et noble terre,
Et des raffinements toujours inépuisés.
Laisse du vieux Platon se froncer l’oeil austère.

Tu tires ton pardon de l’éternel martyre,
Infligé sans relâche aux coeurs ambitieux,
Qu’attire loin de nous le radieux sourire
Entrevu vaguement au bord des autres cieux !
Tu tires ton pardon de l’éternel martyre !

Qui des Dieux osera, Lesbos, être ton juge
Et condamner ton front pâli dans les travaux,
Si ses balances d’or n’ont pesé le déluge
De larmes qu’à la mer ont versé tes ruisseaux?
Qui des Dieux osera, Lesbos, être ton juge?

Que nous veulent les lois du juste et de l’injuste?
Vierges au coeur sublime, honneur de l’Archipel,
Votre religion comme une autre est auguste,
Et l’amour se rira de l’Enfer et du Ciel!
Que nous veulent les lois du juste et de l’injuste?

Car Lesbos entre tous m’a choisi sur la terre
Pour chanter le secret de ses vierges en fleurs,
Et je fus dès l’enfance admis au noir mystère
Des rires effrénés mêlés aux sombres pleurs ;
Car Lesbos entre tous m’a choisi sur la terre.

Et depuis lors je veille au sommet de Leucate,
Comme une sentinelle à l’oeil perçant et sûr,
Qui guette nuit et jour brick, tartane ou frégate,
Dont les formes au loin frissonnent dans l’azur;
Et depuis lors je veille au sommet de Leucate,

Pour savoir si la mer est indulgente et bonne,
Et parmi les sanglots dont le roc retentit
Un soir ramènera vers Lesbos, qui pardonne,
Le cadavre adoré de Sapho qui partit
Pour savoir si la mer est indulgente et bonne!

De la mâle Sapho, l’amante et le poète,
Plus belle que Vénus par ses mornes pâleurs!
– L’oeil d’azur est vaincu par l’oeil noir que tachète
Le cercle ténébreux tracé par les douleurs
De la mâle Sapho, l’amante et le poète!

– Plus belle que Vénus se dressant sur le monde
Et versant les trésors de sa sérénité
Et le rayonnement de sa jeunesse blonde
Sur le vieil Océan de sa fille enchanté;
Plus belle que Vénus se dressant sur le monde!

– De Sapho qui mourut le jour de son blasphème,
Quand, insultant le rite et le culte inventé,
Elle fit son beau corps la pâture suprême
D’un brutal dont l’orgueil punit l’impiété
De celle qui mourut le jour de son blasphème.

Et c’est depuis ce temps que Lesbos se lamente,
Et, malgré les honneurs que lui rend l’univers,
S’enivre chaque nuit du cri de la tourmente
Que poussent vers les cieux ses rivages déserts.
Et c’est depuis ce temps que Lesbos se lamente!