Journal of Italian Translation – Poems by Gianluca D’Andrea translated by James Ackhurst and Elena Borrelli

Nell’Autunno 2020 James Ackhurst e Elena Borrelli hanno tradotto due testi da Transito all’ombra e altri miei inediti per il Journal of Italian Translation, me ne accorgo con colpevole ritardo e cerco di recuperare, ringraziando Marco Sonzogni che ha voluto fortemente queste traduzioni. Riporto di seguito la pagina dedicata alle mie poesie.


Journal of Italian Translation

Poems by Gianluca D’Andrea

Translated by James Ackhurst and Elena Borrelli

James Ackhurst and Elena Borelli are a British-Italian team of translators. Their translations of Italy poetry are regularly featured in The Italian Journal of Italian Translation and in NEKE-The New Zealand Journal of Translation Studies.

Gianluca D’Andrea is a poet and teacher. He is the author of several collections of poetry: Il Laboratorio (Lietocolle, 2004); Distanze (Iulu.com 2007); Chiusure (Manni, 2008); [Ecosistemi] (L’arcolaio, 2013); Transito all’ombra (Marcos y Marcos, 2016); Forme del tempo (Arcipelago Itaca, 2019). His most recent work in verse is the mul- timodal sequence Nuovo inizio.


Journal of Italian Translation

da Transito all’ombra (Marcos y Marcos, 2016) La storia, i ricordi – IX.

Finì la storia, iperbole quarantennale
di generazioni, micromode, subculture infiocchettate ogni dieci anni, sfumate in pura scia, ogni giorno, spuma.
Si moltiplicarono i canali,
le vicende, strali spuntati,
puntate in serie, episodi senza trama.
Il frammento punzecchiava gli occhi
e lo stomaco e dava la nausea.
Dalla Lapponia l’invenzione di villaggi d’invenzione, parchi a tema
e strenne anticipate. Era il Natale assoluto di molti, moltissimi aspiravano al Natale e marcivano
sui legni, a mollo, assiderati.
Le sembianze dei pianeti aprivano spiragli al nuovo mentre il vecchio,
era ormai evidente, era solo pattumiera. Le famiglie e le abitazioni
erano gli ultimi rifugi tribali,
istinti siderali al setaccio,
larici, pioppi, betulle, sequoie
un orizzonte di resistenza
senza memoria d’immagine,
noi lontani da sempre
pronti ad abbandonare la non-casa
la certezza di affacciarsi
in altre distanze, non nostalgia
di un luogo che è lo stesso,
sempre un altro.

James Ackhurst and Elena Borrelli / Gianluca D’Andrea 

from Passage into the Shadow (Marcos y Marcos, 2016)

Stories, memories -IX

The story finished, a 40-year-long overstatement of generations, microtrends, subcultures
that once blossomed with bunting every ten years, now dissipating with each new day

in a paltry wake, just foam.
Canals linking to other canals,
events, pointless arrows,
a series of raids, episodes with no plot. The fragment stung the eyes

and stomach, it gave us nausea.
From Lapland the invention
of invented villages, theme parks,
presents we knew we’d be getting. For many it was the ultimate Christmas, so many

longed for Christmas while rotting,
soaked and freezing, on the boards.
The semblances of planets opened
up glimpses of the new, while the old,
it was now obvious, was nothing but trash. Families and homes

were the last refuges of the tribe, our universal longings sifted; larches, poplars, birches, sequoias a horizon of resistance

without any visual memory;
and we forever a long way off,
ready to abandon what wasn’t home,
certain of revealing ourselves
at other distances, not nostalgic
for a place which will always remain the same and always different.

Notturni – VII

Caldo nel buio il sapore
e la lontananza nell’immagine,
è sapere la violenza
e contaminare e inviare a niente.
La luce dietro la tenda
voci video, presenze tratte
mentre ci accampiamo nel semibuio.

Inediti

Dentro le ombre per farne semi – I. Mentre la pioggerellina sorda

«In pochi anni un lago», disse l’uomo.
Il fiato in nuvole di vapore,
mentre il faggio, che ne accompagnava gli argini, radicava dentro una pianura
alluvionale. Lo raggiunse
un ticchettio, una voce, un raggio
grigio e vecchio di quarant’anni.
Nel duemilaqualcosa calcolarono
nel duemilaqualcosa arcipelaghi,
corolle alpine e sopra cembri
e alghe dai cembri.
Torbiere, schizzi fossili,
riflessi sul thread dell’acqua e della luce.
L’uomo pregò il dio dell’acqua e della luce
ma il lago non era più lì. C’erano lappole
e faggiole cristallizzate nelle fauci del cinghiale
e nel sangue. Mentre una pioggerellina
sorda attutiva la preghiera, dentro,
sempre più simili a barricate, i primi
tre acri d’informazione.

James Ackhurst and Elena Borrelli / Gianluca D’Andrea 

Nocturns -VII

The hot scent in the dark
and the distance in the image
is what to understand violence means – and to spoil it, to reduce it to nothing. The light behind the tent
radio voices, cut-out shapes
and we camping out in the half-light.

Unpublished Poems

Into the shadows to seed -I. In the quiet of the drizzle

‘In a few years there’ll be a lake there,’ the man said.
An exhalation of mists
and a beech tree, leaning on the riverbank like an old friend, spreading its roots through the floodplain.
And then a whisper, a voice, a ray of light
silvered to gray over half a century.
In two thousand something they figured out
that in two thousand something there’d be a thousand

[islands mountain flowers, moss-covered pines,

peat bogs, fossilized outlines,
ripples of water and light.
He entreated the gods of water and light
but the lake had long gone.
Thistles and petrified beech trees
in the jaws of a boar, and in the blood.
And the drizzle’s quiet muffling his prayer. Inside, looking more and more like barricades, the first three fields of information.

Dentro le ombre per farne semi – III. Il lievito della trasparenza

Cespi dorati e uomini dirupano tra le ombre.

Così, trasfigurati in pianeti, gravitano nel buio. 

Cicli verdi tagliano il buio mentre la traiettoria s’incurva

e rotola nella luce.
Raggiunto il traguardo della trasparenza diluviano su una guaina vuota.
Il sacco si riempie di spore
e la cascata diventa più opaca,
più pesante, spacca la membrana,
cade nell’occhio che chiude la palpebra. La favola senza focus, senza uomo,
nel ciglio e nel timpano dell’orizzonte.

Dentro le ombre per farne semi – VII. Artico dei primi passi

Erano costellazioni di ghiaccio
i primi animali a essere immaginati, non pianeti o organismi ma lastre galleggianti nella materia
liquida dei primi pensieri.
La guaina esplose nella sensazione confortevole di quell’abbandono. Le lastre della preghiera riflettono l’occhio che rifiutiamo di svegliare. Ecco che scappano al lavoro
che li dimentica e succhia.
I primi orsi lungo tutti i passi
che sappiamo e decantiamo.

James Ackhurst and Elena Borrelli / Gianluca D’Andrea 

Into the shadows to seed – III The yeast of clearness

Great golden heads of sunflowers collapse into the shadows
with the rest of us.
Transfigured into planets,

they orbit in darkness.
Green sickles scythe the darkness
as the trendline stretches
and curves towards light.
Then they come up to clarity’s daybreak flooding the empty husks.
The sack fills with spores
as the cascade turns massive and cloudy and crashes through the membrane,
falls into an eye through closing eyelids.
A fairytale with no focus and without Man, twigging the horizon’s eyelash, eardrum.

Into the depths to plant seeds there -VII First steps in the Arctic

They were frozen constellations
the first animals that had ever been dreamed of not planets or organisms but sheets
floating on the liquid
matter of the first thoughts.
The membrane exploded in the comfortable feeling of that letting go.
The sheets of prayer reflect
the eye which we refuse to wake up.
Look at them running to work
which forgets them and swallows them up. The first bears moving through the steps
we recognize and celebrate.

Dos poemas de Gianluca D’Andrea

Dos poemas de Gianluca D’Andrea

Traducción de Diego Estévez

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III

El petirrojo y el pichón dividían

los cuadros de espacio en el patio.

El alimento son los manteles revueltos,

el aire alacena y todas aquellas briznas

que vuelan, mientras un tufo desde el sur

me recuerda la calle de los desperdicios,

su almacenaje en costales,

incubados, producidos, jamás procesados.

Desde el mar, después, la brisa llega tenue,

en el rostro la caricia se transforma,

desde atrás, fastidioso, golpeaba

el lebeche y el respirar, que se torna

infecto, ahora podía devolver

el lejano mensaje de la cañería

que, silente y grávida, vomita en el mar.

 

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Su YAWP un saggio di Antonio Merola sulla mia poesia recente

Letteratura della catastrofe – sulla poesia di Gianluca D’Andrea

© photo by Dino Ignani

Siamo fottuti? C’è un fattaccio, che ci riguarda tutti: la nostra specie è ormai dentro fino al collo in una enorme crisi ambientale e climatica. E, se volessimo armarci di un termine retorico, potremmo considerare questa condizione come una sfida; anzi, come l’ultima delle sfide. Perché, in fondo, non è la Terra a essere davvero in pericolo, ma piuttosto il nostro habitat. «Nostro» poi… diciamo: anche nostro.Del resto, in mezzo a questa crisi, sono rimaste coinvolte anche altre specie. Con una distinzione: se la sfida della sopravvivenza di fronte alla crisi riguarda più di una specie, l’azione dell’essere umano può considerarsene la causa principale, al punto che si vorrebbe definire una volta per tutte la presente epoca geologica come Antropocene.

Potremmo essere l’ultima generazione a dire qualcosa? Ci stiamo per estinguere… o invece ce la faremo? Questi interrogativi hanno cominciato ad angosciare la nostra quotidianità, assieme a una crescente consapevolezza verso la crisi. Cerchiamo risposte e soluzioni, proviamo ogni giorno a carpire qualcosa di più, ma come degli studenti fuori corso, in ritardo. C’è allora chi, come il critico Francesco Muzzioli, usa per esempio il termine «catamodernità».Ma se volessimo rimanere concentrati sulla letteratura e sulle conseguenze che una simile disposizione d’animo abbia per la scrittura, allora preferiremmo coniare: la letteratura della catastrofe, una definizione che è nata in seguito a una conversazione con l’amico Michelangelo Franchini, anche se non saprei più dire chi tra me e lui l’abbia nominata per prima. Proviamo però a vederci chiaro. La catasfrofe ha indubbiamente a che fare con il campo semantico del disastro e della fine. La letteratura della catasfrofe però non è una letteratura distopica. Se la distopia infatti riguarda qualcosa che potrebbeaccadere, ma che ancora non è accaduto e non è detto che accada per forza, la catasfrofe è invece, almeno per ora, qualcosa di certo. Ci sono ormai autori che affrontano apertamente l’argomento e che fanno dell’argomento il focus della propria opera, come per esempio la poesia di Alexander Shurbanov.C’è poi però un altro gruppo di autori che, anche se non fa della propria opera uno strumento di aperta denuncia verso la crisi ambientale, tuttavia non può fare a meno di sentirela crisi… e perciò di risentirne. Un altro esempio, sempre dalle pagine virtuali di Yawp, potrebbe essere il poeta serboMilan Dobričić.Con questo articolo cercheremo di affrontare per la prima volta un caso italiano che si trova a metà tra le due posizioni: la poesia di Gianluca D’Andrea. E nello specifico, quella che pare essere una trilogia a partire dalla raccolta Transito all’ombra(Marcos y Marcos, 2016), per poi attraversare, come ammette lo stesso autore, il «ponte» di Forme del tempo(Arciplegato itaca, 2019) e arrivare agli inediti di Dentro le orme per farne semi, di cui proporremo alcuni testi in chiusura.

È interessante notare che se la fine distrugge ogni memoria, perché non può più esserci qualcuno a ricordare, D’Andrea fa del transito verso la fine una questione di memoria scordata; cioè di ignoranza. Ecco per esempio un j’accuseesplicito: «La tv degli anni Ottanta tentò/ di rubarci la memoria». C’è allora qui un primissimo transito, per ora solo nazionale, che porta dieci anni dopo gli italiani a godersi con ingenuità il loro presente, sotto gli effetti ignorati e accennati del cambiamento climatico: «Negli anni Novanta ho cominciato/ a fare bagni di crema solare,/ di sole intensivo, d’intenso cremare -/ ustionato, fervente, indirizzato/ a una possibile rovina». Se però la catastrofe agisce ed è agita globalmente, gli occultamenti della catastrofe non sono da meno.D’Andrea comincia dall’Italia per transitare ancora una volta e coinvolgere, in un secondo e sempre esplicito j’accuse, il nostro sistema economico: «l’Occidente era già formato./ Mentre rubavamo in un tabacchino/ il pacchetto ci esplose tra le mani,// imparai così la colpa e il destino,/ l’allarme del benessere e il possesso». Imparare diviene improvvisamente uno schock, una esplosione, perché imparare coincide con il ricordare; l’aprire gli occhi con il trauma. Ma cominciando a ricordare, D’Andrea si arma a questo punto di una lente di ingrandimento per tentare meglio una inquadratura temporale, necessaria alla ricostruzione storica: «Erano questi gli anni, trenta-vent’anni fa,/ per approssimazione la spinta individualistica/ spenta negli abusi per mantenere ricche/ le vecchie risorse» e dove di conseguenza «Il resto del mondo è il resto».

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Abrojos y Rimas: Gianluca D’Andrea

Foto di Dino Ignani

Tre poesie da Transito all’ombra tradotte in spagnolo da Diego Estévez per la rivista La Mascarada

II

Y estaba ese otro recuerdo,

ese deseo que aún imagino

tocar, la paz familiar,

la sensación límpida de vivir

 

lo pleno y saber reconocer,

luego de la angustia, la sensación del vacío.

La vida es también la evocación, patios

de voces, las partidas entre los niños,

 

las otras voces volviendo a casa,

envuelto en el calor, los borradores

en la estancia, luz tenue en la cocina,

 

sonidos y voces de las pantallas, los acentos

que cambian en el tiempo y son vestigio.

A fin de verlos, antes y después, los sueño.

 

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Transito all’ombra a Genova (Stanza della poesia)

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Venerdì 19 aprile, ore 18:00, alla Stanza della poesia di Genova, leggerò e discuterò di Transito all’ombra. Ad accompagnarmi sarà Luciano Neri.

 

Transito all’ombra alla Libreria Zabarella (Padova), per la rassegna “Il sabato dei villaggi”

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Sabato 2 marzo, ore 17:30, alla libreria Zabarella di Padova, parteciperò alla rassegna “Il sabato dei villaggi”. Durante l’incontro, al quale parteciperà anche Stefano Modeo e che sarà  commentato da Andrea Breda Minello, leggerò da “Transito all’ombra”.
A introdurre l’incontro sarà Laura Liberale.

“L’Espresso” del 31 dicembre 2017. Versi da “Transito all’ombra” (La strofa)

Su “L’Espresso” del 31 dicembre 2017 versi da Transito all’ombra. Per chiudere bene l’anno.

L'Espresso - La strofa

Audio Rai.TV – Fahrenheit – La poesia del giorno del 27/10/2017

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Transito all’ombra

Gianluca D’Andrea, Trasposizione (o l’identità del poeta), dalla raccolta Transito all’ombra, Marcos y Marcos

Sorgente: Audio Rai.TV – Fahrenheit – La poesia del giorno del 27/10/2017

Audio Rai.TV – Fahrenheit – La poesia del giorno del 26/10/2017

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Transito all’ombra

Gianluca D’Andrea, Notturni VII, dalla raccolta Transito all’ombra, Marcos y Marcos

Sorgente: Audio Rai.TV – Fahrenheit – La poesia del giorno del 26/10/2017

Audio Rai.TV – Fahrenheit – La poesia del giorno del 25/10/2017

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Transito all’ombra

Gianluca D’Andrea, Notturni II, dalla raccolta Transito all’ombra, Marcos y Marcos

Sorgente: Audio Rai.TV – Fahrenheit – La poesia del giorno del 25/10/2017