IN CASO: NICE – NIKE

di Gianluca D’Andrea

In caso: L’apprensione di stare insieme – NICE – NIKE

NICE – NIKE

A Nizza sono stato da piccolo
ma ricordo meglio Montecarlo,
la curva “Grand Hotel Hairpin”
una baia azzurra come l’immaginazione,
la mia, di allora. Allora devo distanziarmi
dai ricordi e conoscere le incursioni
su questi territori che non sembrano avere storia,
ma ce l’hanno. Nizza Marittima
e barbetismo, resistenze clandestine
ai mutamenti di confine, alle atrocità
per ottenerli quando esisteva un popolo,
una sovranità, un tracciato.
Ma ora le linee sono infinite,
esternate in una moltitudine
con i suoi punti forti: isole d’individui
sovranazionali. Ora che il desiderio del cosmopolita
è realizzato in uno schema di partenze e ritorni
senza un dove da scoprire, ora sempre ora,
posso ricordare una strada cui da piccolo
non feci attenzione – invece ricordo
un tipo che a un semaforo, dopo
un alterco con mio padre,
ci fece notare un bastone
sulla sua auto per ricordarci le buone maniere –
“Promenade des Anglais” e ricordo
le parole di Hobbes che traduce
Tucidide: «E la grande licenza,
che si diffuse nella città anche in altri
ambiti, cominciò all’inizio con questa malattia.
Poiché ciò che prima un uomo
non avrebbe ammesso che potesse essere
fatto per il proprio piacere, ora
osava farlo liberamente, vedendo
davanti ai suoi occhi una così rapida
rivoluzione».

Gianluca D’Andrea


NOTA

Il 14 luglio 2016, un Tir “invade” la “Promenade des Anglais” a Nizza. Muoiono 84 persone, 200 i feriti.
Nizza e Montecarlo, sulla Costa Azzurra, nell’immaginario collettivo sono attrazioni turistiche.
Nizza Marittima era il nome della città in epoca sabauda (per distinguerla da Nizza Monferrato in provincia di Asti).
Con “barbetismo”, o movimento dei “barbets”, si indica la resistenza clandestina dei nizzardi all’occupazione dei francesi nel corso della “Guerra della prima coalizione” (1793).
«… Ora che il desiderio del cosmopolita / è realizzato in uno schema di partenze e ritorni / senza un dove da scoprire…», per questi versi vedi: Jules Verne, Il giro del mondo in 80 giorni e Peter Sloterdik, Il mondo dentro il capitale, Meltemi, Roma, 2006.
La citazione da Hobbes proviene da The Second Book of the History of Thucydides (1629), ma l’ho estrapolata da G. Agamben, Stasis – La guerra civile come paradigma politico, Bollati Boringhieri, Torino, 2015, p. 57.

 

IN CASO: A DACCA

forze bengalesi

Forze di sicurezza bengalesi (Fonte: Lettera 43)

di Gianluca D’Andrea

In caso: L’apprensione di stare insieme – A DACCA

A DACCA

Capita di fare cose insolite
il primo luglio, combattere
a vene scoperte con se stessi
cercando di concentrare i propri grumi
di disinteresse, il prolasso della coscienza
in un punto fisso, una ferita, un dolore, la perdita
dentro un organismo che ricorda di sentire.
Un commando, ma non di contadini
olandesi, attraversa un atollo della storia,
incastrando un altro vessillo, un frammento
che aumenta gli indizi di una mappa inedita
che non sviluppa un disegno, il progetto
è troppo ampio e si costruisce ora dopo ora.
Guerriglia arcipelago, mondo arcipelago
con picchi che scandagliano la paura
nel fondo sempre più buio, nei locali
paludosi dei fiumi e in quelli luminosi,
ben frequentati, di Dacca.

Gianluca D’Andrea


NOTA

I contadini olandesi sono i Boeri e i “commando” erano le unità di fucilieri a cavallo degli stessi, con riferimento alle due guerre anglo-boere.
Il Bangladesh è la terra dei 700 fiumi. Il 1 luglio 2016, a Dacca, un commando di terroristi islamisti ha assaltato un ristorante situato nel quartiere diplomatico prendendo ostaggi alcuni presenti e uccidendone ventidue oltre a due poliziotti.

IN CASO: MUSTAFA KEMAL

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Erdogan, Atatürk e una ricostruzione di Costantinopoli

di Gianluca D’Andrea

In caso: L’apprensione di stare insieme – MUSTAFA KEMAL

In caso mi accorgo che mi piace guardarle le persone, che il trasporto dipende dal legame implacabile e avvertibile quando la nostra fragilità è scoperta. Quando è impossibile distrarsi e si cerca l’abbandono, solo l’appartenenza all’altro attenua la disperazione, il fatto banale che l’altro sia lì, che ci sia una finestra da cui osservare la nostra distanza, prima di ricadere completamente nei movimenti di tutti. Dolore e gioia sono zone del privilegio e dell’assenza, il corpo si trasforma in un blocco, in una mappa chiarissima con al centro la freccia della sofferenza, oppure un alone senza punti perché l’orientamento non serve e la gioia si espande fluida, invasiva, espropriante. Allora insorge il trasporto perché è troppo essere centrati e decentrati allo stesso tempo, è necessario dimenticare ed esercitare la caduta nell’altro, per accedere a qualcosa che assomiglia al vero, al nulla che completa il nostro nulla.


MUSTAFA KEMAL

Ci fosse un’altra strada per volare
da un luogo a un altro,
da un’Europa a un’altra Europa
pensando al Medio Oriente
come un luogo di notti stellate.
Invece il principio dell’agonia
passa proprio dall’aderenza
di questi mondi antichi. Il velo
della civiltà e il dialogo con gli accordi
e l’interesse, tutto soffocato
nella massa di sempre possibili ideologie.
Ma oggi che l’idea potrebbe
sciogliersi nell’impatto materico
di contatti più rapidi e efficaci,
sono proprio i luoghi di contatto
a essere assediati. I punti di scambio
sono fragili, molto meglio continuare
a osservare e verbalizzare
dallo schermo-filtro che consente
una cernita veloce e indolore
delle amicizie e della loro scomparsa.
Almeno continuo a vivere
almeno continuo a vivere
dentro la mia casa-bunker,
le belle inferriate e gli antifurto
occhiuti, mi sotterro
per non morire, perché le ali no,
la libertà no, niente si prende
tutto si punisce.
“Giungemmo a una città di bellezza
inenarrabile”, Costantinopoli non è distrutta
ma 44 vite umane terminate
e altre sofferenti per un’ombra,
per vapori immaginari di cui
da millenni non si smaltisce la sbornia
e per la storia recente, di aperture e chiusure –
Kemal/Erdogan – e tutta l’ambiguità
che il vecchio mondo scaraventa sul nuovo.

Gianluca D’Andrea


NOTA

28 giugno 2016, strage terroristica all’ aeroporto di Istanbul-Atatürk.
“Giungemmo a una città di bellezza / inenarrabile”, Cosma I, vescovo di Costantinopoli nel X sec.