
Nico Orengo
di Gianluca D’Andrea
Nico Orengo: una poesia da Cartoline di mare (1999)
Lo spruzzo che leva
la roccia trascina il
granchio sott’acqua
vicino alla stella marina:
è l’inizio di una cruenta
mattina.
Postilla:
La poesia “lieve” di Orengo ha bisogno di pochissimi segnali. L’apparato verbale ridotto non fa che sottolineare la necessaria precisione del nome. Precisazione, allora, che tenta di alleviare il dileguarsi di un mondo, quello della natura (Maria Corti lo rileva nella prefazione al libro da cui il testo presentato proviene) di cui a noi viventi non resta che certificare la mancanza.
Chi ha seguito il magistero della Corti è disposto a una nominazione chiara e consapevole di un’appropriazione, che può farsi possibile, della realtà, per accostamento: delicato e implacabile il nome sfiora il fenomeno e lo perde in un contatto che esplicitandosi conduce alla successiva scomparsa. Questa modalità operativa ha trovato un interprete in Orengo – il poeta adombrato dall’attività di romanziere e giornalista, morto prematuramente e anche per questo da riscoprire – ed ha un riflesso considerevole nell’evoluzione poetica di un altro autore che a quel magistero ha prestato profonda attenzione e che, forse, ad oggi, ne è il miglior interprete: Fabio Pusterla.
Le Cartoline di mare di Orengo sono un reperto che documenta e conserva la possibilità per il linguaggio di raggiungere il mondo gradualmente, attraverso un percorso d’osservazione e conoscenza che aspira ad abbattere le diffidenze per realizzare una maggiore empatia. Certo il mondo di Orengo si è sfaldato davanti ai nostri occhi e non ci resta che assorbire la mutazione, ma questo non deve allontanarci dalla responsabilità dell’apertura, a quel “diverso” che è ulteriore possibilità e conformazione. Certo, oggi la fabula pare immergersi nel buio di onde ben distinte da quelle marine – elettromagnetismi in fibra ottica, guide d’onda dielettriche al virtuale che si realizza – ma la “vecchia ed eterna” storia dei nomi, in questo scenario, può sempre dirci «l’inizio di una» non tanto «cruenta» ma sicuramente “altra” «mattina».