LETTURE di Gianluca D’Andrea (37): AL TEMPO CHE TIRA GLI SPETTRI

fiona

Fiona Hall, Inferno, Canto XIII: The forest of the suicides, from the series Illustrations to Dante’s Divine Comedy (1988). (Fonte: Art Gallery of New South Wales)

di Gianluca D’Andrea

… il Tempo tira
la sua palla di pietra
a un centimetro da me…

(Cristina Annino, Anatomie in fuga, 2016, p. 32)

La dimensione dell’incontro dopo la morte: riattivazione di un ricordo o parallelismo? Non è la specie, è la civiltà messa a repentaglio da una resa linguistica. Perciò ad accomunarci sono i soliti sentimenti, l’accensione o necessità di sentirci “in comune”, riconosciuti dentro un contatto famigliare.
Quale conforto, però, se i padri rifiutano la loro presenza? La scomparsa è il cruccio di questo primo scorcio di millennio, l’eredità di un secolo, il ventesimo, che ha disperso la generazione dei padri.
Non c’è una tradizione, o meglio si è tramutata in anti-tradizione, in autonomia presunta e consolidamento di una dipendenza che non può più essere riconosciuta:

… «Tua me, genitor, tua tristis imago
saepius occurrens haec limina tendere adegit;
stant sale Tyrrheno classes. Da iungere dextram,
da, genitor, teque amplexu ne subtrahe nostro».
Sic memorans largo fletu simul ora rigabat..
Ter conatus ibi collo dare bracchia circum,
ter frustra comprensa manus effugit imago,
par levibus ventis volucrique simillima somno.

(Eneide, VI, vv. 695-702)

Certo, la vita non è apparenza ma trasformazione, ma come tracciare gli indizi del mutamento se è scomparsa la presenza, se l’unica realtà concreta è la nostra immagine?
Il fantasma del padre è il peso: eppure in Virgilio è guida, per quanto fantasmatica, così come in Dante la guida si fa “concetto” d’Amore. Ecco, forse l’astrazione d’amore rompe la relazione e il tempo – o ritmo oscillante – del rapporto di trasmissione. Senza questa trasmissione siamo sull’orlo dell’abisso e veramente il tempo rischia di schiacciarci.
L’orlo è lo spezzarsi della resistenza dell’essere, quando non è possibile riconoscere un “senso” fuori dall’essere stesso. Come dire che la fine dell’anima è anche l’estinzione dell’animus, del coraggio di un’agnizione che si ricompone solo fuori da se stessi. Non più padre, anche perché i padri oggi non trovano nella paternità la loro trasmissione: il padre si nasconde nel figlio, o dal figlio?
La spezzatura di sé significa interruzione del tragitto «che da neun sentiero era segnato» (Inferno, Canto XIII, v. 3), non è forse la perdita dell’Altro a dissolvere l’io? La selva del rispecchiamento è abitata da spettri superbi e noi non abbiamo un dio o un io a guidarci, ma solo l’ombra di un ricordo e con queste immagini riaffioranti in un presente sempre prossimo alla sua fine, proviamo a costruire un altro tempo:

It was the age of ghosts

Era l’epoca degli spettri. Delle torce in mano.
Luci si muovono in distanza divinate per un chi
e per un perché: la veglia di chi e in che casa sulla strada…

(Seamus Heaney, Catena umana, p. 103, vv. 1-3)

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