Atelier on line – Gianluca D’Andrea, Transito all’ombra, Milano, Marcos y Marcos, 2016, collana Le Ali, lettura di Mauro Carlangelo

Intervento letto alla presentazione del volume presso “Il tempo del vino e delle rose”, Napoli, Piazza Dante; incontro organizzato da Bruno Galluccio e Rosanna Bazzano nell’ambito della rassegna di poesia ospitata da “Il tempo del vino e delle rose – bistrot letterario”.

Il titolo innanzitutto mi colpisce: «transito» può essere inteso come passaggio all’ombra, al riparo di qualcosa, ma potremmo parafrasare, il sintagma, forzando un po’ il senso, in transito nell’ombra, verso la morte.
L’epigrafe tratta da Mandel’stam introduce il lettore nella struttura profonda del testo: memoria non solo individuale, o meglio, individuale solo per permettere di aprire finestre sulla memoria collettiva: «La mia memoria è nemica di tutto ciò che è personale». Il libro si dipana a partire da questa soglia del testo che è l’epigrafe, per cui se c’è il personale va inquadrato nella storia di una generazione. A pag. 17 della raccolta si legge infatti:

Sentivo dire di Franco, in Sicilia
il Tirreno era il mare dell’infanzia,
non sapevo di Ustica, la Spagna,
però, mi dava gioia, quei mondiali,
disprezzo alla parola dittatura.
La TV degli anni Ottanta tentò
di rubarci la memoria, riuscendo
a cancellare con velocità
ogni appiglio, distanziando in un limbo
di benessere le generazioni.

La storia scorre attraverso lo schermo; «schermo» è il termine che ricorre 6 volte nel libro e che segna anche il passaggio storico dalla TV ad altri strumenti elettronici della rivoluzione informatica: a p. 20 si parla dei videogiochi a 12 anni, di “rispegnere lo schermo” del vuoto della fine, che può essere il rivivere, per analogie, quei ricordi negativamente, pensando agli altri schemi e schermi dell’oggi. Altrove, a p. 26, leggiamo:

Il ragazzino preferiva il lettore di e-book
per il viaggio, questione di comodità,
un’accensione da seicento tomi,
la memoria perdeva radiazione
ed energia.

Ancora ricavo un senso negativo da questi versi, il perdere «radiazione ed energia» lo posso interpretare semplicemente come dispersione di un’autentica memoria, di una interiorizzazione dell’appreso.

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