Spazio Inediti (13): Carmen Gallo – di Gianluca D’Andrea

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Carmen Gallo

di Gianluca D’Andrea

Spazio Inediti (13): Carmen Gallo

 

Ricucire le schiene nere disperse in mare
le bocche lasciate aperte al sonno
avere fame di occhi
da mangiare aperti al sole
a forza di scalare meridiani e meridiani
di sale

tornare a incollare i pezzi
a dire le ombre scontornate
nella lingua terra che nessuno aspetta
e poi scrivere, scrivere ancora

di sere sprofondate, di stanze appese
al muro per non essere rovesciate
di uomini che si parlavano al buio
di finestre da spalancare

nella fretta di andare e tornare
farsi marea di corpi senza nome
e cancellare l’intero che separa

ci hanno chiamati ladri
anche ora che siamo tornati

(Testo tratto dalla raccolta inedita Prima degli occhi)


Il coraggio dell’infinito, il modo verbale principale, utilizzato nel testo qui presentato, può essere letto, considerandone la valenza iussiva, come il tentativo di puntellare con forza un argine, ricostituendo confini che appaiono distrutti. Noto i verbi che hanno la funzione di un ritorno o restauro sul disastro: «Ricucire», «tornare a incollare i pezzi». Arginare la dispersione, tenere nella scrittura («e poi scrivere, scrivere ancora») usata come collante, necessità resiliente perché dalle «ombre scontornate» possa definirsi, forse un giorno?, la figura. Altro versante dell’infinito: l’anelito, il desiderio che avvenga la giustizia verso una parola che sembra presentarsi come portatrice di uno slancio (potremmo chiamarlo ideale?) in direzione di un miglioramento: «ci hanno chiamati ladri/ anche ora che siamo tornati». Ritorno, allora, ed è il tragitto di ogni memoria e il testo, infatti, procede per ondate, ogni strofa un rinforzo di questo flusso fino alla chiusa, per niente pacificata, che tenta ancora un rilancio, allo stremo, di quel modo verbale che è chiave dell’intero componimento. Che sia il richiamo «nella lingua terra» a sommuovere queste parole marine, ondivaghe, sembra plausibile (anche considerando l’origine territoriale di questi versi). Spiegabile, forse seguendo questa traccia, il ricorso metaforico lievemente espressionistico (vedi tutta la prima strofa), tensivo, anche questo, a una volontà di fuoriuscita che non sgorga perché riflette la necessità (verrebbe da dire la colpa) del continuo ritorno. Aperto/chiuso – ondulazione spinta e ribadita – il testo, lo abbiamo visto, aspira a farsi memoria, senza arrivare a comprendersi, con spunti di accennata frustrazione dovuti, probabilmente, all’inafferrabilità della testimonianza: «…lingua terra che nessuno aspetta/ e poi scrivere, scrivere ancora// di sere sprofondate, di stanze appese/ al muro per non essere rovesciate». A volte le prospettive si rovesciano ma il pensiero si contorce come una maschera, irriconoscibilità che si fa aspirazione, desiderio appunto: il soggetto aspira alla cancellazione nell’alterità, tentandosi argine alle distorsioni e distruzioni del proprio tempo e luogo, per questo non ha bisogno di dire io, perché è presente nell’infinito, extra-esposto: «farsi marea di corpi senza nome/ e cancellare l’intero che separa». Si avverte una fiducia mai scontata nei confronti della parola, che non vuole arrendersi alla consapevolezza di aver perso il fuoco sacro, l’istinto della nominazione; parola che non si accontenta della tutela ma vorrebbe innalzare il reale a un, per ora, fantasmatico ideale di giustizia. La parola, nei migliori esempi delle nuove generazioni, sembra spingersi oltre la constatazione del disastro avvenuto, anela, anche spasmodicamente, alla ri-creazione.

(Agosto 2014)


Carmen Gallo è nata a Napoli, il 6 gennaio 1983. Attualmente vive a Napoli, dove lavora come assegnista di ricerca in letteratura inglese. È stata due volte finalista al premio Mazzacurati-Russo per la poesia (2009-2010; 2011-2012), e alcuni testi sono stati pubblicati su blog (Poetarum Silva, Poesia di Luigia Sorrentino) e antologie (Registro di Poesia #3, 2010 e Registro di Poesia #5, 2012, Edizioni D’If, Napoli). Con Tommaso Di Dio, Alessandra Frison, e Domenico Ingenito cura gli incontri di letture di giovani poeti “Fuochi sull’acqua”.

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