Diario – Estate: 15) Nelle profondità II

delvaux

Paul Delvaux, Il villaggio delle sirene (1942)

Recorder Concerto in C Minor, RV 441: II. Largo · Dorothee Oberlinger · Antonio Vivaldi · I Sonatori de la Gioiosa Marca

Diario – Estate: 15) Nelle profondità II

All’arrivo un’attesa ulteriore ad attenderci. Agavi che circondavano come eco un piccolo strapiombo. Lo stretto era un’immagine che si spianava in tutta la sua estensione, ma come un’immagine, appunto, del luogo che avevamo attraversato e che non era più se non impresso nella retina. La falce s’inarcava a proteggere i porti, mentre la striscia di mare tra le sponde serpeggiava tra vapori e alti incendi.
Ci rifugiammo in un boschetto di sughere per trovare refrigerio. Dopo un’ultima sorsata ci guardammo intorno e ripartimmo. Nubi di rapaiole ci volteggiavano tra le braccia, le gambe; gli stinchi e le caviglie si ricoprivano di incisioni sanguigne scarabocchiate dai cardi. Avanzavamo, ma era come retrocedere, impressioni sulla retina.
Mostri portentosi, o meglio i loro scheletri ripuliti e lucenti al sole; recinzioni di filo spinato ci risucchiavano mentre ci inoltravamo verso l’interno, verso «mari deserti e lontani» (H. Melville, Moby Dick), verso luoghi e voci remote dove una “massa” indistinta e incombente «rollava […] come un’isola» (Ibid.). Un’isola delle profondità che si sfrangiava in voci e canti, riducendo in frammenti la nostra capacità di recepirne il senso, un’isola esplosa. Dal magma si diffondevano suoni freddi ma pastosi e tutt’altro che spiacevoli. Era come se avessimo varcato una piega del paesaggio. Intimoriti proseguimmo:

«Mi piacevano quelle voci che entravano, non un vero canto, ma voci tagliate che si ripetevano, che cantavano in modo freddo. Era come una sirena proibita».

(Burial, in M. Fisher, Spettri della mia vita)

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