Lo spettacolo della fine – XXXVII.
La fine di un libro di parecchio tempo fa è la descrizione medico-scientifica del processo di dissoluzione di un organismo morto.
Morte in vita, niente di nuovo, ogni morto che cammina, ogni zombi, è in attesa di concludere il suo ciclo, chiudere il cerchio, tracciare la parabola della fine.
Ma il mio corpo finirà in cenere e poi nello spazio assoluto, nella non-fine di un tragitto immaginato.
Osservai emergere dall’orizzonte
un filo scabro che divideva il cielo,
la notte stellata, l’onda di luce
dondolò un attimo
e infine gli occhi percepirono
l’urto del buio. Una terza linea
incendiò il quadro fino ad assestarsi
in un riflesso nero-scarlatto.
A lato della capsula una capsula,
un riverbero, una figura.
Ma fu un lampo perché le orbite
spezzarono la tangenza momentanea
e casuale che fu sostituita dal trascinarsi lento
in direzioni opposte delle capsule, come la fine
di un rapporto consolidato
nella sua ineluttabile
incompiutezza.