Lo spettacolo della fine – XXV.
Come essere dentro un sogno i cui protagonisti sono attori, come essere dentro un film notturno o dentro l’acqua dopo aver attraversato la spiaggia, aver raccolto un oggetto indefinito ed essersi fatti attraversare da un’onda enorme, senza timore per l’impatto imminente, per la sopraffazione che avviene ma si dilegua in un attimo e apre a un nuovo scenario in cui il passato non è più ricordo di turbamenti ma proiezione, visione trasformata nel presente e il soggetto è solo me spettatore che ricorda a malapena il suo tragitto e il suo attraversamento. Vedo i miei desideri sfilarmi davanti come figure in carne e ossa o è la mia immaginazione a essersi assuefatta alla visione? Così le immagini sono sentimenti defunti e non desideri, nessuna utopia, nessun futuro.
Ma questo balenare
di dimensioni temporali
o immagini senza tempo
qui e ora sub specie aeternitatis,
questo eccesso di energia
nel bagliore accecante
è solo un riflesso che si libera
e concentra in questo punto
infinitesimale, in quel punto
focale che è ogni individuo,
oppure è il principio di una sfumatura
che si allarga, una macchia
che esplode il suo nucleo
in un abbraccio seriale,
un rizoma fatto di centri
che non sanno di comunicare?