
Durs Grünbein (Foto di Dino Ignani)
di Gianluca D’Andrea
Durs Grünbein: una poesia da Trappole e pieghe (1994)
Alba
Endlich sind all die Wanderer tot
Und zur Ruhe gekommen die Lieder
Der Verstörten, der Landschaftskranken
In ihren langen Schatten, am Horizont.
Kleine Koseworte und Grausamkeiten
Treiben gelöst in der Luft. Wie immer
Sind die Sonnenbänke besetzt, lächeln
Kinder und Alte aneinander vorbei.
In den Zweigen hängen Erinnerungen,
Genaue Szenen aus einem künftigen Tag.
Überall Atem und Sprünge rückwärts
Durchs Dunkel von Urne zu Uterus.
Und das Neue, gefährlich und über Nacht
Ist es Welt geworden. So komm heraus
Aus zerwühlten Laken, sieh sie dir an,
Himmel, noch unbehelligt, und unten
Aus dem Hinterhalt aufgebrochen,
Giftige Gräser und Elstern im Staub,
Mit bösem Flügelschlag, Diebe
In der Mitte des Lebensweges wie du.
*
Alba
Morti alla fine sono tutti i viandanti
e ammutoliti i canti degli sconvolti,
dei malati di paesaggio nelle loro
ombre lunghe, all’orizzonte.
Brevi parole tenere e ferocie
volteggiano nell’aria. Come sempre sono
le panche al sole occupate, vecchi e bambini
si passano accanto, sorridendo.
Nei rami acrobazie di ricordi,
nitide scene di un giorno a venire.
Respiri, balzi in avanti,
nel buio, da urna a utero.
E la novità, rischiosa e repentina,
è diventata mondo. Su, vieni fuori
dal groviglio dei lenzuoli, e guardali:
cieli non ancora assillati, e sotto,
sbucate dall’agguato, erbe velenose
e gazze nella polvere, un maligno
sbattere d’ali, ladri a mezzo
del cammino della vita come te.
(Traduzione di Anna Maria Carpi)
Postilla:
La scissione alienante degli esordi, tra «parole tenere e ferocie» sembra assestarsi in una dialettica oscillatoria degli estremi se, «da urna a utero», il mondo è una «novità rischiosa e repentina». Eppure occorre ricordarle quelle origini del dissenso e della fine che concedono l’alba di questo “nuovo mondo”, perché è solo attraverso la memoria che si può ri-condurre la parola alla funzione di traccia. Da questo sistema – che ricorda quanto «Endlich sind all die Wanderer tot» – può emergere, tra gli altri indizi, un’etica del residuo. Liminari, infatti, le figure umane che appaiono nel componimento sono «vecchi e bambini» – inizio e fine della vita – margini e confini che «si passano accanto» come a riassumere quel “cammino” che riesce a svilupparsi «dal groviglio dei lenzuoli», per un soggetto che, finalmente, riconosce barlumi di compartecipazione – un po’ sull’esempio di Enzensberger – nel “fuori” «maligno» per cui tutti, soggetto compreso, sono «In der Mitte des Lebensweges», «come te».

Francesca Piqueras, Sarmiento © (Après la fin, 2016-2017)