Oggi su Zest – Letteratura Sostenibile
NUOVI INIZI: Laura Pugno, Bianco
nottetempo 2016
nota di Gianluca D’Andrea
per questa via ogni volta
ogni volta l’inizio
Avevamo lasciato la poesia di Laura Pugno impegnata nell’indagine ri-creante e nei tentativi ristrutturanti di una lingua-dimora personalissima e lontana da qualunque scuola di tendenza (per approfondire sul precedente lavoro in versi dell’autrice romana, La mente paesaggio, Giulio Perrone Editore, Roma, 2010, vedi qui).
Ora, dopo l’accertamento della fragilità del nostro essere “nel” mondo, e la ricognizione sul nostro essere postumi (i sopravvissuti del “dopo diluvio” nella lingua di La mente paesaggio), i versi di Bianco tentano un nuovo inizio. Se nella prima sezione, l’inizio dell’inverno, si introducono i termini di un’origine minerale, il cui movimento è ancora potenziale, congelato sotto una coltre che ne vela la vitalità – «tutto sembra diventato neve sulla terra» (p. 9) o «tutto è sotto una coperta di lana» (p. 10) –, è anche vero che la lingua “residua” sembra assumersi il compito di dire un “altro” mondo: «vedrà al buio / la lingua rimasta è poca, / devi con questa, di nuovo ora» (p. 10).
La complessità di ogni inizio consiste nel “volontarismo” che dovrebbe fondare il cammino e Laura Pugno, come altri della sua generazione, ha vissuto l’esperienza della fine, la collisione del mondo col niente del senso e la conseguente cogitazione sull’incontro/scontro relazionale soggetto-oggetto; la fine di una dialettica identificabile, la fine di identità e ideologie. Questa stessa generazione deve provare, ha il compito, appunto, di rischiare un nuovo cammino, pur nelle difficoltà dovute a un’impasse linguistica ineluttabile per un soggetto scrivente che si riconosce solo attraverso la sua scomparsa.