
Exposition Kiefer-Rodin
di Gianluca D’Andrea
Al signor K.: “non mi interessa l’art pour l’art”
Mentre annotavo i miei pensieri e studiavo / i miei classici da comodino, / mi accorsi che una sorta di misticismo / può scaturire dalle fessure delle pareti, / intercapedini che non reggono e sbavano / dal silenzio la loro rovina. / E lo pensavo, perché le sue opere signor K. / stanno a dimostrarlo, mentre osservavo / la tela e la cadente genetica al Rodin. / Mi dicono anche che l’artista è immerso / nella creazione, penso a lei che scrive / ogni giorno una paginetta di diario, / per formare uno scartafaccio inconcluso, / una cenere d’opera o qualcosa che sembri / un’ombra, un abbozzo o una crosta. / Immerso in una creazione azzurra / e leggera e violenta, un abbraccio / screpolato che accoglie il demone / della fine o dell’impossibile partenza. / Il suo non fermarsi, signor K., non amare / la sosta, è forse quella voglia costante / d’illuminarsi ancora una volta? / Rinnovare l’atto di creazione per sempre / nell’intima tragedia del finire, / nell’esito barbarico di ogni transito. / Caro signor K., volevo solo dirle / che pensavo a lei mentre cadevo / nell’estraneità suprema e impenetrabile / di ogni atto umano.
Riconosco un’etica che condivido: non “amare l’art pour l’art” significa amare un’arte intrisa d’umano, che “si sporca” e, nello stesso tempo, si “illumina” d’umano; sì: un dialogo con Anselm Kiefer (che, a sua volta ha dialogato, tra gli altri, con Celan) apre nuove prospettive alle nostre scritture.
Bellissimo (scusa la banalità dell’aggettivo) questo tuo spazio, Gianluca.
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