
Stefano Dal Bianco
di Gianluca D’Andrea
Stefano Dal Bianco: una poesia da Ritorno a Planaval (2001)
La vacanza
Mi allargo e occupo il tuo posto momentaneamente vuoto
come se fosse la mia libertà ad accogliermi,
ma se tu chiami
da dentro una presenza di lenzuola, ecco
io sono pronto
a stringermi nel sonno, a prendere atto
di quanto sia rimasto, in questo letto,
e quanto sia, di te, rimasto fuori.
Postilla:
Sostituzione dei corpi che restano anche nella distanza. Distensione e contrazione, come un’onda verbale implicata nell’ambiguità oscillatoria dell’esistente, sono evidenti nel ritmo pronto a rompersi, inarcandosi al limite della prosa fino a raggrumarsi nel verso successivo. Si veda: «da dentro una presenza di lenzuola, ecco / io sono pronto», in cui l’io, quasi sospeso nella sua referenza fantasmatica, accennata nelle “lenzuola” del verso che precede, riacquista “presenza” grazie a un tu che sembra giacenza della memoria e la cui “concretezza” sopravviene solo attraverso un’apparizione, o una “visione”.
La parola è qui come in bilico tra due mondi (io/tu, corpo/visione, dentro/fuori), ma non in un’indecisione dialettica, bensì nella necessità di accoglienza per ciò che è esperito e per tutto ciò che è «rimasto fuori» dalla percezione e, quindi, da ogni possibile definizione.