LETTURE di Gianluca D’Andrea (2): CABAL (O DEI MOSTRI CHE FANNO RIDERE)

cabal

Una scena dal film Cabal

di Gianluca D’Andrea

I mostri siamo noi, siamo noi l’inghippo dell’istituzione che fa la legge. Chi più risibile di chi? e chi si schiera con i mostri? “Cabal”, chi mangia chi? e la favola dell’amore che va oltre la mostruosità, il reietto che si difende prima della catarsi, la guerra (civile? Gli uomini contro le loro colpe?) e il duello finale tra l’eroe romantico (l’uomo che si fa mostro) e il dottore (il razionalismo occidentale e l’invidia, il Decker interpretato da David Cronenberg).
“I giardini di pietra”, non è Coppola e il Vietnam, è la morte nel cuore dell’aggressore, il rifiuto e l’oscenità di ogni nazionalismo. Il sogno americano che spinge l’individuo per poi rinnegarlo nell’abbraccio della nazione.
“Peggy Sue si è sposata” o la favola delle possibilità: «Perché la Storia si è rotta oramai / sugli esseri umani: non incolla più / nessuno a un’altra persona» (Cristina Annino, Anatomie in fuga, p. 63). Ma se la Storia si è rotta, sembrano restare le “storie” che rifuggono la retorica della Storia. La retorica del viaggio individuale e del ritorno è sospesa, s’immerge nella grazia, nella carezza che l’individuo stesso riscopre nell’attenzione al mondo (ancora la carezza di Nancy).
La retorica della spinta individuale è presente anche in “Tucker – un uomo e il suo sogno”, ma quanti abbagli nell’autoproclamazione della propria libertà. Il sogno americano, fagocitato invece da Ray Liotta in “Quei bravi ragazzi”, tradisce l’altra faccia dell’individualismo: la possibilità di virare al male e rendere la storia una finzione. Una grande madre che ci rimbrotta e scaraventa sul popolo i nostri difetti (ancora il senso di colpa), eppure ci coccola dal cielo di New York (W. A.) – «La questione intorno al ruolo dell’ebraismo mondiale non è una questione razziale, ma è la questione metafisica intorno al tipo di modalità dell’umano che, in quanto assolutamente priva di vincoli, può assumere come “compito” storico-universale lo sradicamento di ogni ente dall’essere» (M. Heidegger).

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