
Spencer Tunick, Newcastle, 2005
La saggezza dei corpi (nota di Gianluca D’Andrea)
Dopo Cotone (buonesiepi libri, 2014 – vedi qui), il ritorno di Martina Campi alla poesia si predispone alla forma del racconto. La prospettiva “poematica” prende il largo da un’evenienza “comune”, da una vera necessità. Il ricovero in ospedale per una settimana è input, come dice bene Sonia Caporossi in prefazione, per una «inversione di contesto». La poesia della Campi ci ha abituato alle modalità di scardinamento del senso (e continuano ad essere presenti in questo libro metafore ardite, simboli stranianti – «c’è una mano tra i palazzi e un muso/ tra i raggi del sole» -, anastrofi – «bianco il soffitto e nelle mani»), ma la dimensione “surreale” del contesto pare attenuarsi, anzi di più, pare concretarsi a favore della rilevanza dei dati di realtà. Il “bianco” e le “mani” fanno la referenza (il bianco del cotone della raccolta precedente) extralinguistica per costruire una diversa aderenza. Non nuova, i simboli non sono originalissimi, ma quasi di asettica purezza che cerca nel contatto una redenzione al precedente distacco.
La tensione a un approdo, così sentita in Cotone, trova in La saggezza dei corpi una risposta. Si passa dall’«instabilità dei nessi» a «incontri inaspettati» che possono nutrire la nostra fame di relazione. È questo il bel segnale che ci arriva dal poemetto della Campi, un promemoria per i «prossimi giorni, ignoti», per il futuro.
Estratti da La saggezza dei corpi
Giorno #1
– Il cuore è la prima cosa da liberare
1
[…]
… c’è una mano tra i palazzi e un muso
tra i raggi del sole che sbatte e sbatte ancora
da dove vieni? Dov’è trascorsa la notte?
E percorre i contorni, li stringe, li logora, li rovescia
arrivano le mattine così, sugli angoli
Spezzati e gli orologi, baldacchini per le mani
che scivolano sul volante, che la bocca, è
a metà
[…]
*
Giorno #2
– Il cuore non ha alcun dovere: batte
il cuore è bianco, il cervello
bianco, bianco il soffitto e nelle mani,
tra le gambe, sui piedi
bianco che dilaga bianco
la finestra non resta aperta
gli occhi, non li vedo
e la finestra cade
ancora, un’altra volta, giù
[…]
non si tocca abbastanza rumore
vento, fuori o dentro, vasto
quando arriva il fresco
dalle pareti e dalle fessure
le visite sono schiene
nel corridoio (a svanire, meste)
che si allontanano e perdono
forma, non è ancora buio,
né la fine del giorno dei vivi
che ci si addormenta, sonnecchiando
[…]
*
Giorno #3
– il cuore è un canale privo di ostruzioni, dove tutto passa –
I
[…]
perché fuori è una terra straniera
fuori è tutta un’altra storia
e anche loro che arrivano, con l’amore
nelle borse, e le migliori intenzioni
[…]
*
Giorno #4
– abbiamo tanto bisogno di tutto ciò che piangiamo –
I
[…]
verso la porta nel tempo
di arrivare
e svanire di nuovo, raggiunti
nel bianco
quando ci siamo rivisti
c’era molto caldo
e avevamo la raccolta
delle lacrime agli occhi
ci siamo seduti come attorno
a un tavolino da giardino
senza che ci fosse alcunché,
da appoggiare o stendere
e ci siamo detti del tempo
e delle zanzare e tutti gli altri insetti
volando mentre i vecchi guardavano
il telegiornale, poco più in là
[…]
*
Giorno #5
– finché non avremo perdonato i nostri genitori, non avremo perdonato noi stessi –
II
amici miei, dove siete?
(abbracciatemi)
qui è tutto bianco, e la notte non si rimargina
anzi si sbornia il buio che sta in basso e viene, su
il computer lo chiamavamo
bollettino dei morti
che è morto oggi?
chiedeva la Gina
io e Maria ridevamo e rideva anche lei
scampate al sospetto
della bruta follia
scampate di brutto alle glaciazioni
[…]
*
Giorno #6
– Col cuore puro viviamo in pieno paradiso –
III
e so che dovrete andare
e so che dovrò andare anch’io
per diverse stanze, corridoi
che non s’incontrano più
abitudini che attraversano il caldo
agguantano i bianchi del giorno irreversibili
[…]
*
Giorno #7
– Senza azione, la verità non serve a niente –
II
mentre parlavi
mi inondava un pianto verde
come se il cuore non fosse
più il mio
(io e tutte le mie paure)
ce ne torniamo a casa
con la commozione in sommossa
a fissare il panorama che scorre
tutti i piani per ricominciare
i passi di quadriglia
i dialoghi delle sceneggiature
i tappeti rovesciati all’in giù
l’orizzonte basso e lontanissimo
di tanti verdi
diversi che si toccano
e il vento caldo entra dai finestrini
[…]
III
gl’incontri inaspettati
ci nutrono
la fame
che consuma
riferiti deficit neurologici transitori
oscillazioni della vigilanza
trascinamento bilaterale
diplopia, vertigine soggettiva
amnesia di fissazione
e tutto ritorna com’è
e tutto intorno s’aggira fino
ai prossimi giorni, ignoti

Martina Campi
Martina Campi è nata a Verona nel 1978. Vive a Bologna. Vincitrice del premio Giorgi 2012 con la silloge Estensioni del tempo (Le Voci della Luna). Finalista al Premio Montano 2014, con la raccolta inedita Manuale d’estinzione. Nello stesso anno pubblica Cotone (Buonesiepi Libri). Presente in alcune antologie poetiche, siti e riviste di scrittura. Co-fondatrice dei progetti di autodiffusione di cose belle: Foglio d’aria (con Giampaolo De Pietro). Autrice e performer, con il compositore musicista Mario Sboarina, del progetto di musica e poesia Memorie dal SottoSuono da cui è nato anche il cd autoprodotto Mani e qualcos’altro (2011).