
Salvatore Toma
di Gianluca D’Andrea
Salvatore Toma: una poesia da Canzoniere della morte (1999)
Nella notte color cobalto
serena di luce di fondali
aironi dalle ali di perla
soavi calliopi
color tulipano
sorvolavano
fra tortore di ferro
l’Oceano Pacifico
aggredivano l’America
forse la Cina
trasformati nell’animo
in tigri leoni giraffe
dai calci precisi.
C’era un silenzio di morte
sul fermo mare
nemmeno un radar
li avrebbe sentiti
mentre alla meta puntavano
cocciuti come bambini.
Solo dolcissimi delfini
riuscirono con cautela
ad avvistarli
mordendo nella mente una mela.
Postilla:
In questo testo di Salvatore Toma, il luogo è l’immaginario, cioè un desiderio. Associazione e spostamento che riescono a ricreare un’esperienza di libertà. La descrizione iniziale è una suggestione psichedelica. I colori (“cobalto, perla, tulipano, ferro”) si confondono con i materiali, e il gioco metonimico suggerisce il passaggio continuo, il rimescolamento del reale. Mondo animale, vegetale e minerale formano un unicum nel desiderio “migratorio”, nel volo “aggressivo” dell’emancipazione. L’utilizzo della parola in Toma è indirizzato sempre, d’altronde, allo svincolamento dal senso comune, obiettivo ultimo delle sue facoltà affabulatorie.
L’immagine bellissima in chiusura completa il quadro di trasformazione, e proprio nella capacità di accoglienza del desiderio: i “delfini cauti” avvistano la realtà in un attimo di tenerezza che si contrappone alla precedente aggressività. Per un momento si avverte l’origine della pienezza – il nutrimento, il gusto, la mela…