
Auschwitz
NEL VERO ANNO ZERO (di Vittorio Sereni)
Meno male lui disse, il più festante: che meno male c’erano tutti.
Tutti alle Case dei Sassoni – rifacendo la conta.
Mai stato in Sachsenhausen? Mai stato.
A mangiare ginocchio di porco? Mai stato.
Ma certo, alle case dei Sassoni.
Alle Case dei Sassoni, in Sachsenhausen, cosa c’è di strano?
Ma quante Sachsenhausen in Germania, quante case.
Dei Sassoni, dice rassicurante
caso mai svicolasse tra le nebbie
un’ombra di recluso nel suo gabbano.
No non c’ero mai stato in Sachsenhausen.
E gli altri allora – mi legge nel pensiero –
quegli altri carponi fuori da Stalingrado
mummie di già soldati
dentro quel sole di sciagura fermo
sui loro anni aquilonari…dopo tanti anni
non è la stessa cosa?
Tutto ingoiano le nuove belve, tutto –
si mangiano cuore e memoria queste belve onnivore.
A balzi nel chiaro di luna s’infilano in un night.
Sachsenhausen è il nome di un quartiere di Francoforte sul Meno; ma anche una località a una ventina di chilometri da Berlino nella quale, già nel ’33, fu allestito il primo campo di concentramento nazista.
(Sachsenhausen è anche il nome di un ristorante a cui Sereni viene invitato da un conoscente. Case dei Sassoni ne è la traduzione).

Vittorio Sereni