
Una scena dal film THE IMITATION GAME
di Francesco Torre
THE IMITATION GAME
Regia di Morten Tyldum. Con Benedict Cumberbatch (Alan Turing), Keira Knightley (Joan Clarke), Matthew Goode (Hugh Alexander), Charles Dance (Denniston).
GB/Usa 2014, 113’.
Distribuzione: Videa – CDE.
1939. Alan Turing prende un treno, attraversa città, campagne, cammina. La sua meta è Bletchley Park, il sito dell’unità principale di crittoanalisi del Regno Unito, e la mdp pedina l’uomo – perlopiù alle spalle e con carrellate a seguire – fino alla sua entrata nello studio del Generale Denniston, laddove si terrà il colloquio di lavoro che cambierà il destino della Seconda Guerra Mondiale.
Fin qui lo sguardo del regista norvegese Morten Tyldum su una delle figure più enigmatiche del Novecento sembra riverente e curioso. Brevi filmati di repertorio contestualizzano l’azione, il tema musicale di Desplat introduce con pathos motivi di audacia, mistero e destino, e la cornice strutturale della vicenda con la voce fuori campo del protagonista (1951, Manchester, stazione di polizia: Turing interrogato dopo un furto in appartamento perché ritenuto spia comunista), seppur di dubbia verosimiglianza prepara ad una narrazione in prima persona senza infingimenti retorici.
Varcata la prima soglia, quella che separa il confine tra storia e Storia, il terreno dell’indagine viene però ben presto abbandonato, come pure il rigore biografico. Inspiegabilmente la narrazione da interna diventa esterna (chi racconta la sequenza in ambiente scolastico del 1928?), le flebili linee interpretative sul personaggio costruiscono didascaliche metafore visive (la corsa forsennata per i campi), il montaggio alternato e anticronologico agisce con eccesso di funzionalismo all’unico fine di disvelare il presunto motivo conduttore dell’intricato mosaico esistenziale del pioniere della moderna informatica (Christopher come Rosebud?) esattamente in linea con la timeline dell’intreccio principale, ovvero nello stesso momento in cui Turing addomestica – con un’epifania degna di Indiana Jones – il dispositivo di cifratura tedesco Enigma salvando, come si evince dai cartelli finali, 14 milioni di vite.
Nonostante l’interpretazione di Cumberbatch provi a preservare ambiguità e mistero, nel biopic tutte le domande irrisolte sull’uomo e sullo scienziato, compreso l’ancora oggi insoluto rebus della morte (omicidio o suicidio?), trovano così risposte univoche e consolatorie ad uso della divulgazione per le masse, come in una moderna agiografia, risolta con eccesso di semplificazione nell’elogio della diversità.
La citazione: “Sono un uomo, una macchina, un eroe di guerra o un criminale?”.
Pubblicato sul “Quotidiano di Sicilia” del 08.01.2015