Spazio Inediti (4): Marco Bini – di Gianluca D’Andrea

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Marco Bini

di Gianluca D’Andrea

Spazio Inediti (4): Marco Bini

Ignari
esprimete con quello antiche cose
meravigliose

U. Saba

A Digione nel ‘79

Voglia da vendere e condizioni perfette del fondo.

Si riduceva tutto a una sillaba: Gilles, come un fiore
che in un attimo cresce sopra i denti ed era un lampo
di presenza quando a sportellate fece storia

contro Arnoux, su Renault.
Dal casco un ciuffo biondo

quanto basta per star bene nelle foto con il fiocco
a sbalzo sulla cornice. Un sorpasso a freni in fumo
è un controsenso appassionante anche a trenta

e passa anni; “come avessero fermato il mondo”

si dice a chi non c’era, “altra pasta e sangue
ribollente che non scalda nuove vene”,
nel tempo in cui da tempo il turbo è fuorilegge

e rimangono la polvere a bordo pista, il giro in tondo

che smarrisce conto e orientamento e solo un’ombra
della tigna che ci vuole a puntare il retrotreno
divorare gomma e cordoli con rabbia

andare d’infilata, tagliare il traguardo per secondo.


Il sintomo di una nostalgia impresso dalle parole, nello sport, in un immaginario che tenta di rifarsi collettivo. Tutto il senso della memoria (e, dunque, della storia) si ri-espande attraverso un’emozione che ci raggiunge da anni grazie agli strumenti della registrazione perpetua. Quale strada percorre la poesia? La resistenza nella testimonianza che ci aggancia a una tradizione, la quale rischia di perdersi nell’oblio rovesciato dell’estrema possibilità di accesso all’informazione. Il poeta da puro testimone si trasforma in cercatore, lavora al reale attraverso i suoi immani archivi e, in questo lavoro di setaccio, estrapola la pepita etica, quello slancio umano e folle che si mette alla prova per il solo fatto di essere.
Andando alle scelte testuali, il ritmo, scandito da versi lunghi e piani, tradisce il desiderio del racconto, l’andamento imperfetto di martelliani mascherati. Sboccia l’epica, per frammenti, nello stesso modo per cui il nome Gilles, «come un fiore/ che in un attimo cresce sopra i denti», si riaffaccia nel ricordo dell’evento agonistico, quasi accavallandosi alla memoria di una poesia da intendere come impresa e che, nel suo farsi (ma anche nella sua scomparsa, «che smarrisce conto e orientamento e solo un’ombra…») possiede ancora «Voglia da vendere», ma deve attendere le «condizioni perfette del fondo» per giungere a compimento. Nel dettato, apparentemente semplice, s’insinuano dubbi, l’ambiguità si manifesta in una voce che dallo sfondo, col suo intervento diretto, giudica straordinario l’evento cui ha assistito («“come avessero fermato il mondo”», «“altra pasta e sangue/ ribollente che non scalda nuove vene”»), un’alterità trasparente, generica, che sembra rimproverare la disillusione di chi scrive adesso. Si attiva un messaggio che, nella sua stessa ambiguità, può appoggiarsi alla tradizione, in questo caso orale, di chi era presente. Emerge il tema della trasmissione che può avvenire su più canali, si stabilizza la posizione del soggetto scrivente che deve attendere il più possibile agli stessi canali nel tentativo di riscoperta o semplice tutela di valori etici da rimettere in comune.
Il movimento di riscoperta, però, non è solo abbinabile a una conservazione del reperto (a Modena nel maggio 2013 è stato conservato proprio il modello della Ferrari 312 T4 utilizzato da Villeneuve) che rischierebbe di “musealizzare” e immobilizzare l’esistente, ma deve tendere a riattivare nelle coscienze la dignità di un gesto veramente esemplare nella sua unicità, distanziandosi dalle fagocitanti capacità della riproduzione.

(Febbraio 2014)


Marco Bini è nato nel 1984, e abita a Vignola (MO). Si è laureato in lettere moderne all’Università di Bologna. Oltre a scrivere poesie, saggi e traduzioni, collabora con l’organizzazione di Poesia Festival in provincia di Modena e collabora con il quotidiano «La Gazzetta di Modena».
Suoi testi sono apparsi sulle antologie Pro/testo (Fara edizioni, 2009) e La generazione entrante (Ladolfi editore, 2011), e sulla rivista «Ali». Ha vinto diversi premi per la poesia, tra cui il Premio De Palchi-Raiziss 2010, la sezione «Cantiere» del Premio Renato Giorgi 2010, il Premio Gianfranco Rossi 2011, il Premio Giuseppe Giusti 2011 e la sezione speciale del Premio Beppe Manfredi 2012, ed è stato finalista al Premio Penne 2011, al Premio Mauro Maconi 2012 e al Premio Camaiore 2012. Nel 2011 è uscito il suo primo libro di poesia, dal titolo Conoscenza del vento (Giuliano Ladolfi editore).

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