Scartafaccio XIV – FB (non il social network, un uomo) e Germana (una mamma)

Ci può ancora sorprendere la parola? la parola pronunciata, il racconto, ricco di aneddoti, della nostra storia attraverso i versi e la vita in poesia, immersa in questa disciplina sempre in procinto di estinguersi, sempre pronta a rinascere. Il 25 Maggio 2013, a Treviglio, è successo un piccolo miracolo, di quelle vicende che, nella marginalità degli eventi quotidiani, è riuscita a coinvolgere, a far convivere (mi concentro sulla bellezza del prefisso di questa parola tanto abusata) una piccola comunità. Gli spettatori, meglio dire le persone disposte a partecipare, sono state abbracciate, a detta degli stessi presenti, dal lucido interloquire di un uomo di 65 anni, praticamente un familiare, che è riuscito in poco più di un’ora a dirci, nel quadro apparente di una lettura di versi e della presentazione di un libro, tanto di noi, della nostra contemporaneità, dei dissidi sociali che dilaniano la nostra italietta, provincia e feudo di un’Europa di banchieri, arretrata rispetto al resto d’Europa in fatto di rispetto. Un rispetto che non dovrebbe trasparire dalla diversità e dalla tolleranza della stessa, termine quest’ultimo che richiama uno sforzo, un adattamento forzato all’altro, ma che dovrebbe accendersi dello splendore che l’ascolto, o più epidermicamente, il sentire nell’altro può concedere. Molto abbiamo dibattuto, chi è attento al pensiero, alla “poetica” (termine caro al nostro ospite) del nostro tempo lo sa, sulla dis-posizione, come concetto che può realizzare una “vera” apertura al contatto. In tutti è ravvisabile una spinta alla relazione, inscritta evidentemente nel nostro patrimonio genetico, che spazza via ogni accanimento sull’impossibilità del contatto, sull’ineluttabilità, direi accademica, del “monadismo” che ci sarebbe pertinente, almeno secondo teorie, ancora una volta “poetiche”, che si arrendono palesemente al “niente morale” ereditato dal secondo dopo guerra. Come una risposta (involontaria?) a tutto questo, ci raggiunge il racconto di questa persona semplice, attenta alle persone… grazie alla disponibilità di altrettanti uomini splendidi, mi riferisco a tutti i protagonisti dell’organizzazione del Trevigliopoesia, da Cristiano a Nicola, passando per Stefano, Paolo, Emanuele, Gianni, Maria Chiara, Sara, Silvia, Chiara, Andrea, l’irreprensibile ospite Germana, ho potuto essere partecipe di un vero scambio. Il contatto è fugace, secondo l’etimologia e seguendo un filosofo a me caro, forse perché più poeta che filosofo, Jean-Luc Nancy, si è verificato un toccarsi di corpi, si è creata una tensione, quella “vicinanza senza fusione” che “rappresenta la vera dimensione del rapporto – l’approccio, la tangenza che unisce per il breve istante in cui separa”, “oscillazione dovuta a una specie di magnetismo dei corpi”. Questa sera di poesia mi ha parlato dell’attaccamento “rizomatico”, Corrado, nel pomeriggio, ha utilizzato in modo molto toccante questo termine, che la parola ha con i fenomeni della vita, mi ha illuminato sul percorso che l’uomo, attraverso questa stessa parola, può realizzare per emanciparsi da qualunque isolamento. L’immagine, cui resterò legato visceralmente, è quella di un uomo, di un lombardo, un “provinciale” impiantato a Roma, che discute con una donna, una madre, che si prende cura di tutti noi come se fossimo parte della sua famiglia. Grazie per tutta l’intensità ricevuta a questa “madre” e a questo “padre” provvisori, assoluti.

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