Gli alberi e i ragazzi
Le schegge che da questo sopravvivere
appaiono scomparire dal resto,
nello schermo che ci avvisa e ristora,
nei display sempre accesi, gli occhi
dei ragazzi vivono immersi,
radici nel nuovo millennio.
Il mondo fermentante e marginale
respinge ogni apparenza
restando apparizione di nulla
e desiderio infinito. Dove il contatto
è il gesto di un attimo che scompare,
una visione collaterale,
il futuro insegue esempi, vene che provano
la strada al tronco, al fiume in cui convergono
correnti educate da altre correnti.
La smisuratezza di un circuito esatto,
un organismo che suscita il miracolo composto
da stratificazioni per una sola figura, come un albero.
In una scuola di un quartiere suburbano,
dove basso è lo scarto che separa
i riflessi e il vero che la realtà concede,
mi sorprendono mille vicende,
eventi che considero fondanti,
emergenze che si fissano nella memoria.
Dai gesti alle urla nella classe il gioco
della vita si concretizza…
gli insulti e le mani dipendenti da qualcosa di più ampio –
rami che si incrociano e uomini che abbandonano
i nodi in cui si avvolgono –
gli sputi di una ragazza ancora bambina
è la linfa di cui devo nutrire la mia sopravvivenza.
I germogli della strada rastrellati in una rete,
la più facilmente accessibile, nenia inconsapevole,
che ci immerge tutti in questo luogo di forte agnizione.
La chioma si apre e copre il cielo senza
oculi o feritoie. E il cielo è lì
seguendo la scia nel bagliore
degli occhi dei ragazzi, buchi
che chiamano desideri, come il trucco
di bambine che maschera altre negligenze
diventando “modello” di eleganza,
trucco che va oltre ogni bellezza
e si trasforma in sistema, comprensibile
ma non per questo accessibile…
per lo stesso motivo il verde ha tonalità
che l’occhio e la lingua non raggiungono
e l’albero resta indecifrabile.
La vita è fissata nella storia dei quartieri,
ho imparato a disgregare paradigmi
ma ciò che cresce mantiene un che
di preconfezionato, un habitus.
Le cose sono insieme all’uomo,
lo attraggono, lo sferzano, continuano
la loro funzione protesica,
eppure brilla altro sulla superficie,
è la vita della relazione che i viventi
possono utilizzare attraverso gli strumenti…
i ragazzi non sanno che rispettandoli
rispetterebbero se stessi, allora li bruciano
e li distruggono introiettandone la fine.
Le vene trasportano linfa
e diffondono il nutrimento,
il sistema si equilibra per la presenza
di zone periferiche, ricicla le sostanze
ed espelle le nocive, l’organismo
tenta un ciclo non pensando alla sua fine.
Alcuni frutti maturano, le generazioni
si manifestano in curve e pieghe dei corpi
anche se invecchiare sembra sempre più impossibile,
simulo un’altra vita, mi adopero per allontanare
la consapevolezza di morire – comodamente,
mi lascio trascinare, un buttero nel cosmo
che si dissolve e non aderisce all’evidenza
di essere dissolto.
L’albero ravviva i suoi colori,
cosmesi non ancora volgare, radice
adorna di una nuova vitalità –
le ragazze mascherano l’entropia,
l’abbandono radicale che le genera,
candidamente, la sofferenza
di una famiglia disintegrata
dall’habitus d’origine, ecco il trucco,
si assottigliano al sistema e aderiscono
agli eventi fino a fuggire dentro schermi
che oscurano nuove affezioni, o nuove agnizioni…
restano mascherate il più possibile, fuori
il più possibile, mi insegnano un comportamento
che è mio e anche dell’albero, mi insegnano
la divulgazione.
Si spezza un ramo, le radici
alimentano i primi respiri,
la chioma s’infoltisce, è primavera inoltrata,
il sole si accende e acceca, noi non siamo in un luogo,
legati ed espulsi, chiediamo l’ombra
e un attimo di coinvolgimento. Dalle braccia
dei ragazzi una richiesta, ma riappare la necessità
e la risposta rimane un miraggio.
Loro fuggono nel loro universo, il mondo
spesso è ricco di aperture e membrane,
i nostri universi si divorano, tangenti,
assiderati dal contatto fino a fare apparire
uno strascico che fa pensare
all’emarginazione di questi quartieri,
così vivi e in simbiosi con la morte.
Si parla di denaro, di acquisto
e di coraggio infantile durante una rapina…
uno dei ragazzi è stato malmenato
da un militare in borghese, così mi dice
e ci credo, mentre armato di coltellino
minaccia le vecchie signore; un altro,
entra nella bottega e, armato, ruba 20 euro…
la giornata è piena, si compra da fumare
e si stordisce davanti a un video porno
sul micro portatile, circondato dalla sua tribù
temporanea, fino al prossimo distacco.
Le venature, i canali di trasporto,
i liquori, le analogie con altre forme di vita,
ogni parte rende possibile l’esistenza
e rinvigorisce la pianta.
Al piano superiore della scuola
altre storie perpetuano l’oscillazione
del verso, è un nuovo versante
di esperienze che si mobilitano per uscire
e cambiare la loro piega, il flusso
che spera ancora ci sia un passaggio
che porta in alto, alla foglia più alta.
L’eventualità di un lavoro o, più remoto,
un percorso di studi. Osservo e abbraccio
questi desideri e lo sconforto che a volte arriva
e avvolge come i racconti dei miei piccoli eroi,
raccolti alle radici, intrecciati
al fermento, alla rinascita.
Stupende immagini che conosco, che hai reso poesia e che fanno del nostro lavoro una scelta di vita!
Grazie “Andrea”
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