PIXELS

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Una scena dal film PIXELS

di Francesco Torre

PIXELS

Regia di Chris Columbus. Con Adam Sandler (Paul), Kevin James (il Presidente Cooper), Josh Gad (Ludlow), Michelle Monaghan (il Colonnello Violet Von Patten), Peter Dinklage (Eddie).
Usa 2015, 100’.

Distribuzione: Warner Bros.

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Quando alieni intergalattici dichiarano guerra alla Terra usando personaggi di videogiochi arcade come armi di distruzione di massa, al Presidente degli Stati Uniti non rimane che invocare l’aiuto del migliore amico d’infanzia, Paul Brenner (negli anni ’80 noto per le proprie abilità di gamer con lo pseudonimo “Il Maestro”, oggi installatore di impianti home theater per la società Nerds), ed affiancare ai SEALs una squadra di arcaders vecchia scuola.
Tetris, Pac-man, Donkey Kong, Centipede, Space Invaders; non manca nessuna delle principali franchise da sala giochi anni ’80 in questa frenetica action comedy intrisa di nostalgia cinefila ma del tutto privo di calore umano. L’intento del regista Chris Columbus sembra evidente: ricreare l’immaginario di culto dei classici Amblin, da Gremlins a I Goonies (peraltro da lui stesso sceneggiati con la supervisione di Steven Spielberg) senza dimenticare riferimenti imprescindibili – per quegli anni – come Ghostbusters e Guerre Stellari. Il contesto, peraltro, sembrerebbe estremamente fertile per operazioni di questo tipo: sempre più a corto di soggetti originali per blockbusters globali, le majors guardano oggi con grande attenzione alle possibilità offerte dai cosiddetti reboot, e il successo – anche critico – di film come Ralph Spaccatutto, o dei più recenti I Guardiani della galassia e Jurassic world, genererà senz’altro una sfrenata corsa al déjà vu. Ecco dunque il riccioluto adolescente Paul sfrecciare con la propria BMX lungo il più classico dei vialetti all’americana, i ragazzini alle prese con il tosaerba, i bulli, gli amici buffi e ciccioni, le masse delle città metropolitane disperdersi di fronte al pericolo e poi riunirsi in un rito pagano collettivo per la celebrazione degli eroi, i mostri distruttori con forme tenere e arrotondate, e se ancora qualcuno dovesse avere dubbi sull’estetica di riferimento, la maschera di Chewbecca, i volti di Reagan, Madonna e del nanetto di Fantasilandia, addirittura la presenza di quei desueti oggetti di archiviazione e riproduzione di immagini che erano le videocassette saranno in grado di riportare indietro nel tempo chi era bambino all’epoca del Commodore 64 e dell’Atari.
La dimensione dell’entertainment, però, qui sovradimensionata dalla presenza di tutto il repertorio di sottotrame, assurdità, giochi di parole, trivialità e gag a ripetizione che porta in dote Adam Sandler (ormai relegato al ruolo di uomo/bambino più mediocre che medio che a forza di idiozie riesce misteriosamente a trasformare la testa e a conquistare il cuore di una donna attraente), mai si incontra con quella della formazione, così tipica della produzione Amblin e di quasi tutti i precedenti autoriali di Columbus, da Tutto quella notte a Mrs. Doubtfire, passando per i primi due capitoli di Harry Potter e Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo. Appiattito su personaggi stereotipati e dialoghi affettati, sempre in equilibrio precario tra il blockbuster per famiglie e il più demenziale b-movie per il pubblico maschile, Pixels non struttura alcun arco di trasformazione per i personaggi, né genera catarsi. Insomma, le emozioni sono sempre al di fuori dell’inquadratura. In compenso, però, il film ha momenti comici esilaranti, alcune sequenze memorabili (tra cui quella brevissima ambientata in India) e titoli di coda che riproducono l’esile trama in pieno stile arcade.

La citazione: «Ho il piacere di informare che ho appena firmato un trattato di pace con gli invasori alieni».

JURASSIC WORLD

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Una scena dal film JURASSIC WORLD

di Francesco Torre

JURASSIC WORLD

Regia di Colin Trevorrow. Con Chris Pratt (Owen Grady), Bryce Dallas Howard (Claire Dearing), Nick Robinson (Zach), Ty Simpkins (Gray Mitchell), Vincent D’Onofrio (Vic Hoskins), Irrfan Kahn (Simon Masrani).
Usa 2015, 124’.

Distribuzione: Universal Pictures.

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Come scienziati in un laboratorio, o se volete come bambini con il piccolo chimico. Una zia insensibile, un magnate idealista, due fratelli precocemente abbandonati al loro destino da genitori in attesa di divorzio. In mezzo, il classico eroe di spielberghiana memoria: forzuto e astuto nelle scene d’azione quanto ironico e tagliente nei dialoghi. La sperimentazione sul DNA, evidentemente, si applica ai dinosauri così come al cinema. E allora, ai suddetti protagonisti e a tutti i comprimari, ognuno riconoscibile nella propria funzione drammaturgica, aggiungiamo una consistente percentuale di meraviglia, un costante richiamo all’avventura, un pizzico di commedia, una spolverata di screwball, tanti effetti speciali in CGI, un po’ di melassa adolescenziale, horror quanto basta sul finale e shakeriamo poi tutto con un distillato di nostalgia citazionista invecchiato 22 anni. Jurassic World è servito: fresco e dissetante come il tè Lipton di Dan Peterson. D’altra parte, è quasi estate.
Situato vicino alla Costa Rica, nella stessa isola che fu la casa del Jurassic Park, Jurassic World è una tentacolare attrazione turistica da più di 20.000 visitatori al giorno. I bambini cavalcano triceratopi, vagano in mezzo agli stegosauri per i viali lussureggianti del parco a bordo di un giroscopio rotante, osservano pteranodonti in una maxi-voliera e provano il terrore di vedere un grande mosasauro emergere dalla propria vasca per addentare uno squalo servitogli dall’alto come un succulento spuntino. Eppure – questo pensano gli esperti di mercato – la gente prima o poi potrebbe annoiarsi. Perché non creare in laboratorio un nuovo dinosauro, spaventoso e vorace come nessun altro, contenente filamenti di DNA di decine di specie diverse e quindi del tutto imprevedibile in termini evolutivi e comportamentali? E come non rimanere stupiti, poi, del fatto che una volta superate le barriere del proprio recinto, questo Indominus Rex riesca a seminare attorno a sé morte e distruzione come e più di Godzilla e King Kong messi insieme?
Gli uomini non imparano mai. C’è chi vuole giocare ad essere Dio, chi è accecato dall’ambizione scientifica, chi dall’avidità, e anche chi sogna di utilizzare i velociraptor come imbattibili macchine da guerra. Mascherano da progresso lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali del pianeta. Ignorano l’elemento umano nell’equazione costi/benefici. E quando tutto precipita, sono completamente incapaci di far fronte comune (altro che Avengers), preferendo piuttosto rinchiudere i propri (falsi?) ideali dentro una tomba. Dietro un’apparenza di stupore e meraviglia, Jurassic World nasconde un’anima da profezia nera. L’orrore che si sparge sul parco di divertimento, i corpi passati di becco in becco in una macabra danza, i massacri visti dai monitor di controllo come uno spettacolo nello spettacolo hanno il sapore di una piaga biblica. Non sorprende, dunque, che l’architettura del parco abbia le sembianze di un tempio azteco.
Tutto come 22 anni fa. Il dettato di Spielberg è stato rispettato alla lettera da Colin Trevorrow, in maniera anche fin troppo esibita. Stesso richiamo all’unità della famiglia, stesso mix tra meravigliosa incredulità e disorientante paura, stesso montaggio da videogame, addirittura stessa battaglia finale tra giganti della preistoria. Nessun aggiornamento? Non proprio. Il prepotente ingresso dell’universo Marvel nel mondo dei blockbuster cinematografici ha mutato nell’ultimo decennio ogni aspetto della filiera produttiva del consumo di massa, e di certo per rinnovarsi il franchise preistorico doveva tenerne conto. Lo ha fatto, in effetti, e anche in maniera davvero ingegnosa. Creando in laboratorio, come i nemici dell’universo di Spiderman, un mostro dai poteri invincibili, non esistenti in natura ma frutto di improvvide sperimentazioni genetiche: l’Indominus Rex. Gestendo, poi, la narrazione del suo annientamento con la creazione di un magnifico team, composto però non da super-eroi dall’aspetto umano (quelli, come già detto, non sono in grado di mettere da parte le singole ambizioni e collaborare), ma dagli stessi duellanti di Jurassic Park, ovvero il T-Rex e i velociraptor, con l’aiuto di un mosasauro.
Tony Bennett potrà continuare a cantare i suoi standard americani. La luce tornerà a risplendere su Isla Nubar così come sull’innevato giardinetto americano della villetta dei piccoli Zach e Gray. Owen e Claire formeranno forse una nuova famiglia. Ma fino a quando potrà durare questo rinnovato stato di quiete? Sicuramente fino al prossimo blockbuster.

La citazione: «Noi li possediamo. Gli animali estinti non hanno diritti».