Il commissario Magrelli – quattro indagini
I.
Visto che tutti i libri
hanno ormai un commissario,
mi faccio commissario
della poesia
e parto sulle tracce dei misfatti
che restano impuniti a questo mondo
XXIII.
Strano che chi si pente
resti meno in carcere.
Ma non dovrebbe essere il contrario?
«Ciò che ho fatto, mi fa così ribrezzo…
che voglio stare al gabbio un anno in più».
È questo, il pentimento.
L’altro, invece, si chiama solo «sconto»
– tiri sul prezzo
e strappi un affarone.
XXXIV.
Anche questo è curioso, osserva il commissario:
la buona condotta non evita il male alla preda,
anzi, spesso è la causa del suo male
(si veda il magistrato,
ucciso appunto per il suo esemplare
comportamento). Ma, ciononostante,
serve per scagionare il predatore.
Così, la stessa azione che condanna la vittima,
regala la salvezza all’aguzzino.
Un jolly, come a carte.
Detto altrimenti: devi essere buono
quando conviene, ossia dopo il reato
compiuto contro chi era stato buono
in precedenza.
Un’etica «on demand».
LIX.
Il rifiuto di ammettere la colpa
andrebbe sanzionato forse più della colpa.
Lo hanno insegnato in Sudafrica,
al punto da concedere il perdono
a chi riconosceva il suo reato.
E invece questi negano,
erompe il commissario,
non sanno fare altro, i miserabili.
L’Italia è un’autostrada di menzogne.