L’uomo nella sua evoluzione
L’uomo nella sua evoluzione altro non è che una macchina che, a furia di riprendere il mondo, ha preso infine coscienza di sé.
Gabriele Frasca
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Samuel Beckett: una poesia da “Le poesie” (Einaudi, 1999) – Postille ai testi

JohnMinihan, SamuelBeckett (Boulevard StJacques, Paris, 1985)
di Gianluca D’Andrea
Samuel Beckett: una poesia da Ossa d’Eco (1999)
The Vulture
dragging his hunger through the sky
of my skull shell of sky and earth
stooping to the prone who must
soon take up their life and walk
mocked by a tissue that may not serve
till hunger earth and sky be offal
*
L’avvoltoio
trascinando la fame lungo il cielo
del mio cranio che serra cielo e terra
piombando su quei proni che dovranno
presto riprendersi la vita e andare
irriso da un inutile tessuto
se fame terra e cielo sono resti
(Traduzione di Gabriele Frasca)
Postilla:
Sono i modi della solitudine antropocentrica in questa rifermentazione mostruosa, antropovoltoio. L’inutile tessuto – «tissue that may not serve» – è la trama delle frattaglie, di ciò che resta di ogni “ipocrisia” umanista. I massimi sistemi, «fame terra e cielo», divorati ed evacuati, resi inutili dalla monade-uomo che nel cranio/corazza conclude, protegge e fa esplodere cielo e terra («the sky / of my skull shell of sky and earth»). Cielo su cielo, cielo ambiguo alla seconda potenza che piomba, artiglio-cranio metonimia umana, sugli accasciati, sui prostrati che aspettano di riprendere un cammino ingannato, come ingannato è l’uomo-avvoltoio che non fa che nutrirsi dei suoi resti. Ma sarà la fame degli stessi resti a rivoluzionare i modi di acquisizione dell’esistente, o il ciclo perpetuo degli stessi modi a portarci alla scomparsa?