Una poesia da Nella spirale letta per la puntata dedicata a Bartolo Cattafi – Poesia e Musica Italiana a cura di Elena Capra

Per chi volesse ascoltare la bella puntata di Poesia e Musica Italiana a cura di Elena Capra dedicata a Bartolo Cattafi con interventi di Diego Conticello, Daniela Pericone, Enrico De Lea, Marco Aragno e il sottoscritto che al minuto 13.20 ca. legge Nuovo Mondo, poesia tratta da Nella spirale (Stagioni di una catastrofe)Industria e Letteratura (2021), ma soprattutto seguita dalla splendida Anthrocene di Nick Cave che vale assai l’ascolto e il riascolto.

Daniela Pericone su Nella spirale per Laboratori Poesia

Nella spirale (Stagioni di una catastrofe), Gianluca D’Andrea (Industria & Letteratura, 2021).

Innovazione linguistica e fisica, pensiero filosofico e geometria, oltranza di visione e biologia sono solo alcuni dei paradigmi che guidano la scrittura di Gianluca D’Andrea nel suo ultimo libro, Nella spirale (Stagioni di una catastrofe), edito da Industria & Letteratura nel 2021, nella collana Poetica curata da Niccolò Scaffai e Gabriel Del Sarto, con la postfazione di Fabio Pusterla. La contaminazione delle discipline e dei linguaggi è anche nella scelta di collegare il testo alle arti visive, dall’illustrazione di Francesco Balsamo in copertina, che fa tutt’uno con la spirale del titolo, ai disegni di Vito Bonito all’interno del libro, in una sorta di contrappunto simbolico-grafico. Nella spirale è un libro proteiforme, lucidamente magmatico, che coniuga senza reticenze le esplorazioni critiche e poetiche dell’autore, le esperienze del presente e gli esiti storico-evolutivi della conoscenza. Sfumati i criteri di classificazione dei generi letterari, il testo muta forma di continuo, ora prevale la prosa, che si fa speculazione filosofica, auscultazione di opere altrui, narrato visionario, cronaca di uno spazio-tempo preciso eppure indefinito, ora emerge la poesia nella misura della tradizione (dalla Scuola siciliana a Dante), rinnovata nel ritmo e nei contenuti, e fitta di neologismi o inserti in dialetto siciliano (il messinese delle origini dell’autore). La tensione metamorfica coincide con l’attitudine al movimento, che è il leitmotiv di questo come dei libri precedenti di D’Andrea (basti ricordare Transito all’ombra, Marcos y Marcos, 2016). Il porsi sempre “in cammino” è carattere imprescindibile del poeta e dell’uomo, da non intendersi come il vagabondare ozioso del flâneur, ma come postura etica e gnoseologica per interpretare la realtà: “In cammino è la visione del mondo, guardare nelle sue trasformazioni, camminare scalzi per non offendere i fermenti, mettersi da parte, contemplarlo”. L’itinerario non è mai lineare, segue piuttosto un andamento a spirale, un vortice di percezioni e visioni da cui registrare i segni di una catastrofe (altro termine chiave del titolo), quasi una preconizzazione della fine di un’era.

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DENTRO LE OMBRE PER FARNE SEMI DI GIANLUCA D’ANDREA su Poesia del nostro tempo

Su Poesia del nostro tempo, alcuni miei inediti accompagnati da una nota di Daniela Pericone.

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Gianluca D’Andrea (Foto di Dino Ignani)

Dentro le ombre per farne semi di Gianluca D’Andrea – Nota critica di Daniela Pericone

Uno scarto in avanti della coscienza è la direzione impressa dalla poesia di Gianluca D’Andrea nel suo Transito all’ombra (Marcos y Marcos 2016), un libro che unisce visione individuale e racconto collettivo, ricordi personali e memoria epocale. La vicenda dell’io è colta nel suo essere al centro e nel contempo separata dal mondo, poiché l’uomo si definisce in base alla relazione con il suo spazio e il suo tempo. Ecco che, in un’ampia erranza di riferimenti (da Dante a Campana, da Mandel’štam a Krüger), la scrittura di D’Andrea si orienta sulla poetica di Wallace Stevens tra piena adesione e mimesi. Anche il titolo Transito all’ombrasembra giungere per condensazione dai versi del poeta statunitense, “Non è nelle premesse che la realtà / Sia solida. Forse è un’ombra che attraversa / La polvere, una forza che attraversa un’ombra.” (Una sera qualunque a New Haven).

Da qui il motivo dell’ombra e del movimento trasborda nelle prove successive di D’Andrea, esplorazioni e approfondimenti di un cammino ben definito, se il titolo che accompagna gli inediti, Dentro le ombre per farne semi, non fa che ribadire il campo d’azione e dilatare le prospettive. L’esigenza conoscitiva è ambiziosa, il pensiero tenta di abbracciare non più e non solo la storia del singolo e della comunità, ma l’intera genesi universale, laddove l’uomo non è che un tardivo e irrisorio accidente delle conflagrazioni siderali. Il balzo non è da poco, occorre immaginare “la favola senza focus, senza uomo, / nel ciglio e nel timpano dell’orizzonte” (Il lievito della trasparenza), spingere il linguaggio nei territori della fisica e della biologia, tra spore e membrane, tra fruscii e vibrazioni, arrivare dove siano concepibili solo “lastre / galleggianti nella materia / liquida dei primi pensieri” (Artico dei primi passi). Gli scenari hanno un’evidenza apocalittica, raffigurano una condizione primigenia, ma anche una rasura da catastrofe postindustriale.

(…)

da DENTRO LE OMBRE PER FARNE SEMI

VII. Artico dei primi passi

Erano costellazioni di ghiaccio
i primi animali a essere immaginati,
non pianeti o organismi ma lastre
galleggianti nella materia
liquida dei primi pensieri.
La guaina esplose nella sensazione
confortevole di quell’abbandono.
Le lastre della preghiera riflettono
l’occhio che rifiutiamo di svegliare.
Ecco che scappano al lavoro
che li dimentica e succhia.
I primi orsi lungo tutti i passi
che sappiamo e decantiamo.

*

Ferita

Come non esistesse eziologia,
forse non esiste davvero nulla
oltre una fragilità congenita
che vorrebbe dire eredità, trasmissione,
geni antichi, incroci cellulari,
un’intrusione che arriva da un altro
tempo, un tempo-ombra
come le scorrerie e le razzie di sconosciuti
che scopriamo, sempre dopo, essere prossimi.

Così arriva il dolore, un giorno
mentre lavori, imprevisto,
imprevedibile e non è un’origine
ma un percorso che ci attraversa, da cui emerge
un’onda che s’increspa e può arenarsi
fino a bloccare il tempo.

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Letture dallo stretto (18/08/2017)

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Elaborazione grafica di Gianluca D’Andrea

Letture dallo stretto
Feltrinelli point, Messina, Via Ghibellina, 32

(18/08/2017, ore 18:00)

Grazia Calanna, Luigi Carotenuto, Diego Conticello, Gianluca D’Andrea, Vincenzo Galvagno, Antonio Lanza, Daniela Pericone, Pietro Russo, Caterina Scopelliti.

Ciclo di letture all’interno della rassegna messinese per la poesia

copertine

 

[ECOSISTEMI] – Recensione di Daniela Pericone

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Gianluca D’Andrea

di Daniela Pericone

[ECOSISTEMI]
di Gianluca D’Andrea

ecosistemiSi muove come una esplorazione di mondi ininterrotta, un legame di continuo rescisso e riannodato tra il dentro e il fuori, tra paesaggi interiori e habitat esterni la scrittura poetica di Gianluca D’Andrea riunita nel libro [Ecosistemi] (L’Arcolaio, 2013). Una scrittura che inarca arditezze semantiche e foniche a scardinare codici di linguaggi e tradizioni acquisite, aprire longitudini di significati e illuminazioni impreviste (“oggi invento la mia lingua / su scarpate fossili / slanci di pietra”). Con tale intendimento la parola di D’Andrea, consapevole della propria forza, della dirompenza del verso che non riconosce costrizioni, si spinge a considerare, per apparente paradosso, anche la libertà come un limite da superare (“stronco le libertà che mi s’impongono”, Al centro [Evosistemi]).

La partitura del libro, con un impianto quasi architettonico delle sezioni, dei testi suddivisi all’interno, e persino dei titoli, racchiusi sovente in parentesi quadre, è concepita come un labirintico entrare, uscire e rientrare dai temi ricorrenti, dai moduli espressivi, da luoghi (Ecosistemi) e tempi (Evosistemi) scanditi dall’idea che ha motivato l’intero corpus poetico. Se ne avverte la tensione originaria scaturita dapprima dall’osservazione e poi dal contemperamento dei contrasti, tale da poter attribuire al libro una temperie circolare di disfacimento e rinascita. Sovvengono per analogia di atmosfere certe aperture simbolico-realistiche di Roberto Sanesi:

Come osservando la città in fiamme, la polis,
con qualche fiero animale di traverso
fra un avvento possibile e il gancio che lo strazia
pendulo nell’attesa di un’assoluzione, mi chiedo
che direzione ha preso questa idea
del ritorno

là dove D’Andrea sembra accoglierne il lascito:

Bave animali invertono i suoni
percussioni invasive
il mondo è un altro ordine
evirare la possanza dei monti
una figura somma, delinquere minerali.

In ogni caso, qualunque sia la tonalità linguistica di volta in volta adoperata per esprimere la visione di siffatti mondi, ciò che l’autore intende attraversare, e dunque superare mediante lo strumento conoscitivo del linguaggio, è l’intrinseca contraddizione di un ambiente, di un ecosistema appunto, brulicante di umori, lordure, violenze e nel contempo di occasioni d’amore, comprensione, legami da salvare e da cui farsi salvare: “Cerca nell’altro il compenso / alla mancanza di forza, / la tua fantasia se pura / libera ogni mondo” (Favola – I).

Un aspetto non secondario traluce peraltro da queste pagine, ossia l’amore per la Parola, il gusto del gioco linguistico, che non è mai fine a sé stesso né vuoto artificio narcisistico, ma è sostanza stessa del dire poetico, come nell’esito felice della poesia Il mento dell’isola, dove il poeta gioca a capovolgere il senso e la prospettiva del titolo accostandovi, qualche verso più in là, il sintagma “isolo la mente”, in una sorta di chiasmo dell’immagine, che svela l’arguzia e l’inclinazione dell’autore a catturare nuovi sensi attraverso la combinazione sapiente e intuitiva di termini e funzioni. Slancio combinatorio che si prolunga fino al testo successivo intitolato Isolamenti. A confermare questa impressione ecco i versi che si porgono come un’ulteriore dichiarazione di poetica: “La mia lingua diroccata e costrutta / è i vicoli della mia capitale, / città capitale della mia lingua” ([Religio] Preghiera). Con la medesima attitudine e un chiaro rimando al poeta fingitore di Pessoa, D’Andrea definisce il poeta un “falsario / impiegato della sua finzione / che ama scuotere il nulla / incidendolo” (Una tecnica con gli strumenti).

Un altro carattere che connota la cifra stilistica della poesia di D’Andrea è la frequente dicotomia tonale ed espressiva di taluni componimenti, nei quali il nucleo iniziale esordisce sviluppando ambientazioni ed elementi di esasperata tensione, cui corrispondono scelte lessicali di accezione negativa spinte allo stremo, quasi al limite della tollerabilità, per poi sfociare negli ultimi versi in una inattesa apertura di senso, una diluizione di toni e significati che allenta il respiro, riproducendo così quell’alternanza di contrazione-distensione, sistole-diastole che è il ritmo stesso della vita:

E nonostante l’immane sdegno
ancora amarla questa vita
e non cedere al disgusto
ma adagio senza fughe
lottare per il nido
violenza su violenza
([Come una croce amare la rovina]).

Forse è qui che si può rintracciare il nodo più profondo della poesia di D’Andrea, il luogo in cui intende condurre sé stesso e il lettore, un fiume carsico di forze che mantengono vivo lo “splendore che riluce dove oscuro è” (Imbrattamento), là dove non cedere significa “sapere / […] che mai / uscirai dall’amore in questo mondo” (Interrompere e tradire [Ecosistemi]in me).

Daniela Pericone: Testi da “Il caso e la ragione”, Book Editore, 2010

Carteggi Letterari - critica e dintorni

daniela_pericone Daniela Pericone

il caso e la ragioneProponiamo alcuni testi tratti dall’ultima raccolta di Daniela Pericone (1961), poetessa calabrese che vive e lavora Reggio Calabria. Laureata in Scienze Politiche, svolge, nell’ambito dell’Associazione Culturale Anassilaos, un’intensa opera di promozione artistica e letteraria. Con liriche e recensioni è presente in varie riviste culturali e antologie poetiche. Ha pubblicato i volumi di poesia Passo di giaguaro (2000, Premio “Domenico Napoleone Vitale), Aria di ventura (2005) e Il caso e la ragione (2010).

Buona lettura.

A MORSI

Mentre mordevo la vita
un dente si spezzava,
mi chinavo a raccogliere
il pezzo mancante
e con dita maldestre
rinsaldavo quello
che era stato un incisivo,
ma che ora somiglia
a un insulso canino
la cui natura animale
mostra solo il ringhio

e la vita se la ride
del mio morso a mezz’aria.


GRAFFI

Siamo graffi di ossidiana
meteoriti che collidono
solo attimi si sfiorano
scagliati contro cosa chissà dove.


STRATEGIA

Strategia…

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