Poesie dall’inizio – 27) Anedda

Tra avvicinamento e distanza si nota un’ambivalenza, dovuta all’apprensione per un “futuro” che, comunque si staglia dal passato, quasi in una scenografia di spettri: “il futuro schiude vapore / come dalla storia l’opaco marmo di un tempio”. Tutto si rischiara e contemporaneamente si oscura, ogni evento è un brandello che nel tempo della sua emersione si rovescia nel proprio opposto. Fino alla constatazione decisiva del finale, nell’irrimediabilità della “notte intera che tesse un grande spazio” e non si fa troppe illusioni  sul “silenzio del silenzio” (ancora un raddoppiamento, stavolta potenziale) “che sbarrerà domani la finestra”.

Gianluca


Poesie dall’inizio – 27) Anedda

anedda

Avvicinati. Il raggio della sera si compie
contro il nero del tavolo, la lampada batte buio e luce
prima di spezzarsi nel tuono.
Non avvicinarti, il futuro schiude vapore
come dalla storia l’opaco marmo di un tempio.
Tutto è bianco:
il rovescio dei nostri visi nelle foto
la terra rischiarata dalla duplice vela dei lenzuoli.
Prendi una strada obliqua che basti un bagliore a definire
una quiete – sottile unione del lutto –
visione sotterranea di un fiume sotto l’intreccio delle dita.

Nel vento di queste sere non esiste che vento.
Mi hai chiesto di trattare il desiderio
come se fossi forte quanto il tempo che scuote.
Così entra l’inverno quaranta volte vissuto come tenebra
notte intera che tesse un grande spazio
silenzio del silenzio che sbarrerà domani la finestra.

(Antonella Anedda, Notti di pace occidentale, Roma, 1999)