
Arsenij Tarkovskij
di Gianluca D’Andrea
Arsenij Tarkovskij: una poesia da Giornata d’inverno (1971-1979)
Altre ombre che m’appaiono,
altra la miseria che canta per me:
il legatore ha dimenticato lo zigrino
e il tintore non tinge le tele;
la musica del fabbro, contata
in tre quarti, a tre martelletti,
non si svelerà oltre la svolta
prima d’uscire dalla città;
ai suoi crochet la merlettaia
non si siede alla finestra dal mattino,
e lo stagnino, uccello zingaresco,
non fa fumo con l’acido al fuoco;
l’orafo ha gettato il suo martelletto,
è finito il filo d’oro.
Osservare il morire dei mestieri
è come sotterrare se stessi.
E di già la lira elettronica,
di nascosto dai suoi programmisti,
compone versi di Kantemir
per finire con un proprio verso.
(Traduzione di Gario Zappi)
Postilla:
Lo specifico ardore dell’alterità in un paesaggio lirico che coinvolge il mondo. anche per questo le figure appartenenti a mestieri e professioni sul ciglio dell’estinzione sono strettamente intrecciate all’io che scrive cui “appaiono altre ombre”. Ma quali? L’unica immane ombra del futuro che sommerge le piccole, individue ombre artigiane – il passato.
«Osservare il morire dei mestieri / è come sotterrare se stessi», cioè la fine di un mondo che il soggetto sentiva ed era appartenenza, orientamento.
Non c’è, però, solo la fine, c’è un continuum per cui la tradizione simboleggiata dal poeta moldavo Antioch Dmitrievič Kantemir (1708-1744) è alterata metonimicamente in quell’ibrido metaforico che è «la lira elettronica», il cui futuro sarà quello di “comporre” nuovamente proprio la tradizione (basti pensare retrospettivamente alla funzione d’archivio dei nostri computer interconnessi) e, in autonomia, aggiungere un tassello d’innovazione «per finire con un proprio verso».
Il futuro di Tarkovskij lo stiamo saggiando, dal momento che il linguaggio della letteratura sembra essere sempre più dipendente dalle dinamiche di rete innescate dall’utilizzo dei calcolatori.