LETTURE di Gianluca D’Andrea (23): SULLA MEMORIA

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David Reimondo: Pane azzimo © (Fonte: GLOB *ART MAG)

di Gianluca D’Andrea

«La memoria è un processo dinamico, vivente, nel quale interferiscono e si influenzano diversi piani temporali».

(Byung-Chul Han)

Nella stessa pagina da cui proviene la citazione in epigrafe possiamo leggere una riflessione di Freud (da Le origini della psicanalisi) che tanto dice sul nostro modo di ricordare: «il materiale presente sotto forma di tracce mnemoniche è di tanto in tanto sottoposto a una nuova sistemazione in accordo con gli avvenimenti recenti, così come si riscrive un lavoro. Ciò che è essenzialmente nuovo nella mia teoria è la tesi che la memoria non sia presente in forma univoca ma molteplice e che venga codificata in diverse specie di segni».
E subito dopo ancora Byung-Chul Han: «Così, non esiste il passato […]. La memoria digitale consiste di punti-di-presente indifferenziati, per così dire morti viventi: le manca ogni orizzonte temporale esteso, che caratterizza invece la temporalità del vivente. La vita digitalizzata perde, così, vitalità: la temporalità del digitale è quella dei morti viventi».
Ecco perché la poesia ha il compito di forzare la speranza e, di conseguenza, raggiungere il tempo.
L’eterno presente su cui si fondano le pratiche “social” e che riduce l’espressione a un istante frammentario che, una volta reso “pubblico”, è già destinato alla scomparsa, nonostante la sua “sicura” archiviazione in un cosmo di dati. Si ha la sensazione di vivere su un atollo alla deriva. Il tempo collegato al ricordo, è evidente, è il risultato di uno sforzo riordinatore. Non si tratta di ricomporre una “linearità” del racconto, ma di reintrodurre a una narrazione cospirando con il ritorno, con un respiro sempre originato dal tempo. Ecco, narrazione attraverso la memoria e respiro del presente possono riattivare un trasporto verso il futuro, una dimensione prospettica che si rivolge alla speranza di una nuova vitalità, che allontani la morte nel dato oggettivo, il suo contatto sempre più pressante perché sempre meno avvertito.