di Manuela Cardiano
Miriam Toews, I miei piccoli dispiaceri, Marcos y Marcos 2015
di Manuela Cardiano
Miriam Toews, I miei piccoli dispiaceri, Marcos y Marcos 2015
Edoardo Cacciatore
di Gianluca D’Andrea
Edoardo Cacciatore: una poesia da Il discorso a meraviglia (1996)
Qui quindi è dappertutto
Parlaci di ieri raccontaci la gita
Ma nemmeno tu stesso ti stai più a sentire
Perché insiste a trovare una via d’uscita
Il corpo il medesimo per modo di dire
Sazio in pelle in pelle in fondo famelico
Le stagioni il cerchio labile al centro è l’anno
Gonfio di sesso ubriaco di amore angelico
È già gli avversari che lui diverranno
Le cose ancora in mano già una diceria
Perché insisti a cercare una via d’uscita
Non stai chiuso in una platea o in galleria
Sei negli occhi dentro agli orecchi della vita
———Sei un altro da quello che provammo ieri
———Chi può testimoniare dove in realtà eri.
Postilla:
«Sei un altro da quello che provammo ieri/ Chi può testimoniare dove in realtà eri». I grandi temi novecenteschi dell’identità e del tempo formano una sola domanda nel testo di Cacciatore. La disillusione scandita nel disorientamento, i termini si fanno interscambiabili, «Le stagioni il cerchio labile al centro è l’anno/ Gonfio di sesso ubriaco di amore angelico», la commistione ossimorica è non solo la sottomissione al dato ineluttabile di uno squilibrio di prospettiva, ma anche l’ultimo tentativo di abbracciare il tutto in un quadro complessivo. All’origine della “visione” la constatazione di una rinuncia: «Perché insisti a cercare una via d’uscita», un mantra che risuona e monitora la forzatura, l’autoconvincimento, che cerca di arginare la fuga metafisica. La “fuoriuscita” dalla realtà è solo “diceria” che squilibra e confonde le capacità percettive, «Sei negli occhi dentro agli orecchi della vita». L’impostazione – l’enfasi – della forma stride contro l’autoriflessione, la rinuncia alla stessa percezione del mondo.
La “grande maniera” di Cacciatore si fa baluardo di resistenza anche se il segno martella per rompere le ultime difese. Il passato non è più forte e il futuro è ancora lontano; la parola si distorce per ritmare una fine arrembante, il dettato sporco in una struttura linda.
Davide Coltro, Paesaggi. Icona digitale tramessa a quadro elettronico serie Plenum (2011)
Paul Evangelisti (Fonte: Your Impossible Voice)
Italo Testa traduce Paul Vangelisti
The lie of rime is like an agent doubled
in skill and inspiration, a grace
in her step even on a morning of dank
skies and the quiet of impending snow.
Alone in her always remarkable
ordinariness, we much later recall
the sudden lilt of her glance making us
prone to inspect our feet, their direction
called so mightily into question for such
a brief and insignificant moment.
Rime, not unlike the lie, ornaments the
fall of simple phrases, the slightest whisper
of a thief’s palm opening a window
that time the neighbors swore they saw nothing.
*
Mente la rima come una spia fa il doppiogioco tra destrezza e ispirazione, incede con grazia anche in mattine dal cielo coperto e nella calma di nevi imminenti. Sola nella sua sempre straordinaria normalità, ricordiamo molto più tardi il ritmo brusco del suo sguardo che ci spinge a ispezionarci i piedi, la loro direzione chiamata in causa così potentemente per un momento tanto breve e insignificante. La rima, non diversamente dal mentire, orna la cadenza delle frasi semplici, il più leggero fruscio del palmo della mano di un ladro che apre una finestra – quella volta i vicini giuravano di non aver sentito niente.
Paul Vangelisti è autore di più di venti libri di poesia. Nel 2013 è apparso Wholly Falsetto with People Dancing, una specie di memoir, mentre la sua ultima raccolta di poesie, Two, è stata pubblicata da Talisman House nel 2011. Per le sue traduzioni di Adriano Spatola, raccolte in The Position of Things: Collected Poems, 1961-1992, ha vinto nel 2010 il premio per la traduzione dell’Academy of American Poets. Ha fondato e presiede il corso di scrittura creativa dell’Otis College of Art & Design.