Quali compagni di strada immaginare?
Nessuna strada, per me, nessun compagno,
solitudine. Pure, da queste ghiaie sedimentarie,
corse da venti di mare e nostalgia,
affido al vento un richiamo ai fratelli mancati,
persi nell’universo: a te dolcissima Lucy,
sorella silenziosa, reginetta
di sconosciute savane, che forse agitavi nell’aria
come un ciondolo festoso un bastone e correvi
lieta verso qualcuno, madre o amante animale,
nei profumi; a te, fratello mite d’oriente,
nomade esploratore che attraversi
lo spazio verso est, seguendo i cervi,
la luce e l’acqua, un sogno o una speranza;
a voi tutti, sepolti
tra i dirupi e le gole, in mezzo ai boschi,
a voi imperfetti che conoscevate
la carezza e la sete, il calore dei corpi e la paura,
la pioggia e il sole vero, il sonno dolce, i millenni,
a voi chiedo perdono di una colpa
non mia. Ma non cercatemi, vi prego,
dietro le vostre spalle, non credetemi
parte di voi, o memoria.
Solo, se un giorno l’aria si facesse
più densa, o se nel fiume un raggio o un breve
guizzo disegnassero un’ombra, o se le fronde
più alte si muovessero improvvise come mani:
solo, ascoltate.
Qualcosa spinge avanti, che promette;
un respiro profondo vi chiama,
e chiede impegno, coraggio,
chiede amore e pazienza.
Se esistessi, vorrei essere laggiù,
dentro il vostro viaggio,
non all’origine ma verso l’orizzonte,
dietro quel mare che raccoglie l’acqua,
evapora e ricade
sulle foglie dei boschi. L’alba, la vostra alba
è in movimento, la mia, falsa,
è fissa in un passato che non c’è; dal mio deserto
di pietra e di museo, di ferro e d’odio,
guardo al vostro viaggio senza fine,
verso l’alba dell’uomo che verrà, verso quel mondo
che io non so immaginare e che risplende distante
a voi, come un’ansia di pace,
splende quando guardate
le stelle e non parlate.
Attorno ai fuochi, ascoltate. Accanto ai cani.
***
Basta un raggio di sole per accendere
i pesci e gli animali sulle rive: e come splendono
le foglioline piùchiare, e quelle pieghe
del marmo sulla smorfia dei dannati,
il bianco e le creature
d’Orvieto. Ma nel bar,
proni sopra i pulsanti, ragazzini
muovono calciatori virtuali, e ad ogni azione
s’illumina lo schermo d’un boato dagli spalti.
Anche mio figlio
è con loro stavolta; ma non sa
a cosa corrisponda il tasto verde, o quello blu,
e lo chiede lieto
ai suoi nuovi compagni. Che lo guardano
attoniti, di colpo senza voce.
Ma sei straniero, dicono, non sai
neanche come si gioca? E il loro dubbio
tecnico, non linguistico,
pare a me atroce.
***
Lettere da Babel
1
Dici di aver sognato un sogno orribile. In TV
ci vedevi morire sepolti tra macerie,
ed era lunga la scena, interminabile,
ripetuta più volte: il grande crollo della torre di
Babele, e noi là sotto, bianca polvere mediatica. Tu
venivi poi affidato a governanti severissime,
teutoniche o anglosassoni, cattive. Noi dispersi.
Aggiungi, ma non c’entra, che vorresti
forse impegnare i tuoi risparmi per un nuovo
videogioco che ha un nome sorprendente:
PANDORA TOMORROW. E siccome
non sai nulla o quasi nulla di Pandora ti racconto
l’invidia degli dèi per noi imperfetti
testardi esseri umani,
mangiatori di pane, sensibili alla bellezza.
E ancora giorni si susseguono, viaggi,
e sempre quel tuo sogno mi accompagna,
in segreto, e non capisco perché; finché guidando
nel traffico tra Modena e Bologna,
mentre uno sciame di passeri
sale su da dietro un muro come un vento di mare,
anche le immagini cominciano a volare
in una sola direzione, come i passeri,
confuse eppure unite, non senza un po’ di grazia
e di paura. C’è qualcosa
di vero nel tuo sogno, una visione
nitida che ci sfugge. E per questo ti scrivo. Perché so,
adesso so, che siamo qui davvero, io e tua madre,
e ci teniamo per mano in mezzo a tutte
queste macerie
di una cosa che non è crollata ancora, ma vacilla
e forse un giorno crollerà.
Chiamala Europa, o mondo,
o solo un altro sogno; e forse èl’ombra
di un secolo e di un vuoto
che abbiamo visto e sperato di cancellare con la gioia.
Un pezzetto di gioia per ciascuno:
era questo il disegno,
niente di complicato. Un poco a tutti.
Da qui ti scriviamo,
e siamo in molti, segnati da riso e mestizia.
Altri parlavano
delle grandi vittorie, di rinascite. Noi sappiamo
da tempo: la sconfitta,
questo era il vero punto di partenza.
Dovere di memoria e di speranza,
diritto alla felicità sempre negata, sempre
da costruire. E la vergogna,
anche, da non dimenticare:
tutto ciò che era stato, e non doveva
essere mai, mai più. Ieri la voce
più alta di Sarajevo diceva, la mano sul cuore:
sono stato
parte di una speranza collettiva, era un progetto
da oceano a steppa, vasto come il vento,
ed è crollato. Posso solo
alzare la mano sinistra, nera di tristezza,
la destra non si apre più, chiusa in un grido
che salda le unghie alla carne,
la Bosnia all’Europa che cade.
***
2
Qui ci sono terrazze,
balaustre a cui appoggiarsi, carissimo figlio,
sporte sulla pianura;
guardiamo le strade uguali, monocordi,
il flusso ordinato del traffico e dei giorni, il tuo futuro,
e non siamo sicuri di niente. Ma speriamo.
Assurdamente, speriamo. Il fuoco è acceso.
Dita come farfalle
corrono sopra le corde di molte chitarre,
strane lingue s’incrociano
bisticciano e si sfiorano, canzoni
passano lente o veloci attraverso i cieli,
il vino è buono.
Adesso siamo seduti su un ponte fra rive invisibili,
sopra un fiume che luccica e canta, e si sorride.
Domani, poco prima dell’alba,
quando affiorano i pesci
e guizzano sull’acqua luminosi,
con un battito d’ali Pandora
scivolerà dal letto, seminuda e dolcissima,
confusa nel chiarore.
La seguiranno col fiato sospeso
gli dèi del cordoglio e dell’ira,
la sbircerà fra le ciglia il povero Epimeteo,
l’abbagliato,
e sulle vette del Caucaso le aquile
solleveranno i loro becchi insanguinati. Vai, ragazza,
dice l’alba che arriva leggera, una seconda volta
e non temere, guarda come la luce
circonda ora la terra, è una carezza,
e tu continua, con pazienza
avvicinati a te stessa, a quel destino che salva
o che condanna. L0 sai: TOMORROW IS NOW,
per te e per tutti.
Babele dorme,
sogna nelle sue lingue la gioia intraducibile.
***
I gesti del lavoro
E poi talvoltadai gesti opachi del lavoro
scivola fuori il motivo di una danza.
Allora le mani accarezzano l’aria
le braccia diventano i rami di un melo che si aprono
verso la luce, e salutano qualcosa.
E gli altri sono qui, tutti qui insieme:
tutti nel gesto, tutti nel movimento
di una mano che attraversa ere biologiche,
stringe una sabbia lontanissima,
un cacciavite, un martello, un amo, una lama di selce,
la pelle tiepida di un animale scomparso,
un sasso caldo di fuoco,
un sesso vivo.
Allora è grano, semi di cereali, vento
che muove i passi, e canta: sotto i piedi
ci sono le grandi pianure, le pietre bianche
di strade bianche di strade che portano al mare,
feste di stagione.
Allora seguo le oche selvatiche, i branchi di pesci,
so tutti gli odori del bosco, i percorsi dell’acqua,
risalgo la schiena d’erba delle montagne,
le valli del cielo.
Perché talvolta dai poveri gesti del mio lavoro
scivola fuori il motivo di una danza.
Allora non ho più peso, e sono libero
in fondo al mio segreto quotidiano.
E se la luce si fa più lontana
ne custodisco l’assenza.
***
Corpo stellare
Mi segui con un pensiero, sei un pensiero
che non devo nemmeno pensare, come un brivido
mi strini piano la pelle, muovi gli occhi
verso un punto chiaro di luce. Sei un ricordo
perduto e luminoso, sei il mio sogno
senza sogno e senza ricordi, la porta che chiude
e apre sulla corrente di un fiume impetuoso. Sei una cosa
che nessuna parola può dire e che in ogni parola
risuona come l’eco di un lento respiro, sei il mio vento
di foglie e primavere, la voce che chiama
da un posto che non so e riconosco e che è mio.
Sei l’ululato di un lupo, la voce del cervo
vivo e ferito a morte. Il mio corpo stellare.
***
Le cose degli occhi
Cosa dicono gli occhi cosa possono dire
le cose che le parole non riesconoa esprimere
luce dell’aria e dell’acqua
vento che si smarrisce s’incunea per valli e pianure
l’apertura dei tempi quello che fugge e che chiama
l’urto del sangue il grido del sangue
i futuri più vaghi
la certezza e la morte dei corpi
ciò che divampa e brucia
ciò che splende:
queste sono le cose che dicono e tacciono gli occhi
e altre moltissime ancora mute preghiere
bestie che nuotano o volano
baci carezze laghi verticali
cascate miniere.